Non ci sono conferme ufficiali, ma la trattativa tra Alitalia ed Etihad potrebbe essere ad un punto di stallo. Un articolo de Il Messaggero indica che la trattativa sia arrivata ad un punto morto, ma questo potrebbe essere in realtà una voce messa in giro ad “arte” per cercare di aumentare la pressione. Ma la pressione nei confronti di chi? Indubbiamente sul governo, sulle banche e sui sindacati. La trattativa è complicata e come si va ripetendo da tempo le condizioni imposte dalla compagnia medio-orientale sono dure.

Sono condizioni dure, ma non dissimili da quelle richieste a settembre scorso, prima della ricapitalizzazione della compagnia italiana, da parte di AirFrance-Klm. Il punto interrogativo è il perché ad aprile si sia ancora alla non conclusione di una partita a scacchi nel panorama mondiale dell’aviazione civile, che ha visto lo Stato italiano come attore non protagonista importante. Ma cosa vuole Etihad? I punti di scontro principale sono tre: un taglio ulteriore del personale, una rinegoziazione del debito con le banche, una liberalizzazione degli slot sullo scalo milanese di Linate.

Per quanto riguarda il personale bisogna dire che Alitalia ha già effettuato diversi tagli ed i costi sono molto competitivi rispetto ai concorrenti europei come AirFrance-Klm e Lufthansa. Non con le compagnie low cost, con le quali tuttavia è impossibile competere sui costi. I problemi principali del vettore italiano sono invece la mancanza di investimenti da parte degli azionisti negli anni passati e al contempo una flotta sbilanciata sul corto-medio raggio. Questi errori derivanti dal Piano Fenice potevano essere colmati da investimenti in una flotta a lungo raggio con almeno tre miliardi di euro d’investimento. Ma “i capitani coraggiosi” non sono stati così coraggiosi.

Etihad ha la possibilità di portare diversi voli a lungo raggio e questo potrebbe in futuro aiutare a sviluppare il sistema di network hub and spoke su Roma Fiumicino. Il governo potrebbe intervenire con l’errore di pensare di aiutare la trattativa pensando di dare “condizioni speciali” ai lavoratori in esubero. Errore già fatto nel 2008 con la cassa integrazione speciale di 7 anni ai lavoratori a carico dei contribuenti (e poi si parla di spending review). I sindacati sarebbero sicuramente d’accordo, ma sarebbe l’ennesimo carico di spesa pubblica inutile per le casse statali.

Il secondo punto, però, è quello chiave nella trattativa. Alitalia non solo non ha più un valore azionario, ma ha un debito molto pesante. Le principali banche italiane, con Intesa e Unicredit che sono anche azioniste della compagnia, vantano dei crediti per circa 1 miliardo di euro nei confronti del vettore italiano ed Etihad pretende un taglio del debito. Esattamente la stessa condizione richiesta da AirFrance – Klm nel settembre dello scorso anno ed è importante ricordarlo. Il taglio è necessario per fare ripartire l’azienda, ma le banche non vogliono perderci troppi soldi. Una lotta durissima che rimane sottotraccia, ma dalla quale dipende l’esito della trattativa.

L’ultimo punto è la liberalizzazione di Linate. Lo scalo ha una limitazione a 18 movimenti orari per una legge dello Stato. Tale limitazione deriva dal Decreto Bersani bis di quasi 15 anni fa che serviva a fare decollare l’alleanza tra Klm e Alitalia. Si parla del secolo scorso e nel frattempo la vecchia Alitalia non esiste più e Klm si è alleata con Air France da ormai un decennio. Limitare Linate serviva a creare una struttura di hub and spoke su Malpensa a favore di quell’alleanza del secolo scorso. Infatti, pochi lo sanno, un hub esiste solo se c’è una compagnia di riferimento sullo scalo che abbia aerei a lungo raggio. Nessuna compagnia europea (di fatto solo le europee possono sviluppare un hub and spoke in Europa per limiti di legge) ha la capacità finanziaria di investire almeno 4-5 miliardi di euro per creare un sistema di hub and spoke su Malpensa. Ed Alitalia ha solo il 7 per cento del traffico su Malpensa, contro circa il 40 per cento di Easyjet.

Al netto delle sterili polemiche bisogna dire agli italiani e ai lombardi che Alitalia ha abbandonato Malpensa oltre 6 anni fa. Liberalizzare Linate non toglierebbe traffico a Malpensa, ma lo creerebbe probabilmente nell’area milanese poiché lo scalo è molto attrattivo. Il governo sembrava spingere in questa direzione nel weekend e sembrava dunque un chiaro appoggio alla trattativa. Se la trattativa s’interrompesse, quali sono le possibili soluzioni per Alitalia? In primo luogo il fallimento. Anche i soldi dell’ultima ricapitalizzazione sono stati già bruciati anche per pagare le vecchie “fatture”. Sarebbe uno schiaffo al governo, oltretutto in piena campagna elettorale, che si è molto espresso a favore dell’accordo. Ma un altro schiaffo molto grande andrebbe a Roma Fiumicino, che senza Alitalia subirebbe un forte ridimensionamento. Anche per questo motivo Etihad ha sempre puntato sotto traccia al controllo di una parte dello scalo romano. Il contribuente italiano in questo caso di fallimento potrebbe perdere i soldi investiti da Poste Italiane. Una fiche da 75 milioni di euro che si è rivelata essere uno spreco di denaro pubblico, come preventivato. Una partita a scacchi, che comunque finisca, vedrebbe i cittadini essere gli unici grandi perdenti.

@AndreaGiuricin

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