John Turturro e Woody Allen, amici di lunga data, da quel lontano 1986 in cui il regista volle l’attore italoamericano per uno dei tanti ruoli minori in Hannah e le sue sorelle. Quasi a voler ricambiare il favore, coronando un sogno nel cassetto, come lui stesso ha ammesso in conferenza stampa a Roma, Turturro ha scelto il maestro statunitense per il suo quinto film dietro la macchina da presa.
Gigolò per caso, per caso come l’idea da cui è nata questa commedia dolce amara, partorita dal regista durante un pranzo con un amico: “Tutto è iniziato per scherzo ma lui non smetteva più di ridere e io ho deciso di continuare a inventare” e che, sempre per ironia della sorte, ha preso forma grazie al barbiere a cui Turturro ha raccontato la storia, che si dà il caso sia lo stesso di Allen, il quale, venuto a conoscenza del soggetto, ha deciso di contattare il collega per farlo andare fino in fondo al progetto. Una sceneggiatura nata sotto una buona stella quindi, scritta da Turturro con la stretta supervisione del regista quattro volte premio Oscar del quale, anche se solo indirettamente, si avverte l’influenza in ogni scena del film.
Ambientato in quella New York dagli ambienti retrò che ha dato i natali a entrambi, racconta la storia di Fioravante (Turturro), un uomo riservato e dai modi gentili che si divide tra il lavoro di fioraio e quello nella libreria dell’amico Murray (Allen), costretto a chiudere i battenti per via della crisi. Entrambi alle strette, per sbarcare il lunario decidono di lanciarsi in un tentativo apparentemente folle, cimentandosi con il mestiere più antico del mondo, uno nelle vesti di gigolò, l’altro in quelli di suo “protettore”. Non ci vorrà molto perché le ricche e annoiate signore dell’Upper East Side di Manhattan, non appena saputa la notizia, facciano a gara per contendersi quest’inusuale dongiovanni.
Così, con il nome d’arte di Virgil, il dantesco Virgilio che accompagna le anime attraverso quest’abisso di perdizione, come suggerisce Allen nel film, il protagonista si ritroverà di fronte, o meglio, nei letti delle più avvenenti donne della Grande Mela, destreggiandosi tra la seducente quanto ricca dermatologa interpretata da Sharon Stone, l’esplosiva Selima, a cui presta un corpo mozzafiato Sofia Vergara, e Avigal (Vanessa Paradis), la giovane vedova di un rabbino costretta al più totale riserbo per via del suo credo. Per Fioravante non è che l’inizio di una brillante carriera da playboy, da spregiudicato seduttore di quelle donne che troppo spesso vengono rappresentate nel cinema non tanto come soggetto desiderante ma unicamente come oggetto del desiderio. E accostando il genere femminile nelle sue più diverse sfaccettature, quello che accomuna tutte le donne del film è l’insistente ricerca di un uomo che sappia ascoltarle, che sappia colmare quel vuoto che le rende tutte egualmente insoddisfatte. Ed è proprio con il personaggio di Fioravante che il regista prende le distanze da Allen, immedesimandosi nel protagonista pronto a osservare le sue amanti, nel tentativo di comprenderle in tutte le loro debolezze.
Premuroso e passionale, Turturro non tradisce le origini e torna a rendere omaggio all’Italia con l’aiuto di due maestranze d’eccezione nel cast tecnico, come Simona Paggi al montaggio e Marco Pontecorvo alla fotografia, entrambi conosciuti sul set di Passione, il suo precedente film interamente girato a Napoli e incentrato sulle canzoni classiche partenopee, che ha deciso di inserire con una chicca anche in questa sua ultima fatica. Un’ulteriore riprova, dopo l’esperienza nel 1997 sul set de La Tregua di Francesco Rosi in attesa di vederlo nelle vesti del protagonista in Mia madre, il prossimo film di Nanni Moretti.
Il trailer