Tra gli atti depositati al Csm c’è anche un carteggio tra l'attuale aggiunto anticorruzione e il procuratore capo che riguarda l’indagine a carico dell'ex presidente Pdl della Provincia di Milano. Il coordinatore del dipartimento reati sulla pubblica amministrazione accusa il procuratore di avergli chiesto di ritardare l’iscrizione nel registro degli indagati: "Questo crea un problema nel Pdl"
La lettera che racconta l’origine dello scontro (ora finito davanti al Consiglio superiore della magistratura) tra il procuratore aggiunto Alfredo Robledo e il suo capo Edmondo Bruti Liberati porta la data 16 marzo 2010. Due giorni prima, Robledo era stato chiamato in un ufficio della procura di Milano dove c’erano Bruti, allora in corsa per il vertice delle procura, e due aggiunti, Francesco Greco e Ilda Boccassini. I tre sondano quale tipologia di reati assegnare a Robledo, appena diventato procuratore aggiunto, e accennano agli infortuni sul lavoro. Il giorno dopo, Bruti chiede un colloquio a quattrocchi con Robledo. Al termine, questi lo racconta in una lettera che invia subito al procuratore uscente, Manlio Minale (che a luglio sarà sostituito da Bruti): Bruti gli propone di assegnargli il coordinamento sui reati di truffa e sugli abusi edilizi. “Si dichiarava disponibile”, scrive Robledo a Minale, “ad assegnarmi comunque in futuro fascicoli di reati di corruzione su cui avessi manifestato interesse, ovvero a discutere con me” di coassegnazioni.
“Gli ho fatto presente che tale suddivisioni di compiti non mi vedeva d’accordo e il collega Bruti, cambiando tono, mi ha detto: ’Ricordati che sei stato nominato aggiunto per un solo voto di scarto, e che questo è un voto di Magistratura democratica. Avrei potuto dire a uno dei miei colleghi al Csm che Robledo mi rompeva i coglioni e di andare a fare la pipì al momento del voto, così sarebbe stata nominata la Gatto (Nunzia, ndr), che poi avremmo sbattuto all’esecuzione’”. Prosegue la lettera di Robledo, ora depositata al Csm: “Sono rimasto esterrefatto per tali affermazioni e ho detto che non capivo che c’entrava un discorso correntizio con gli argomenti in discussione, facendo presente che io non ero iscritto ad alcuna corrente e che questo non poteva significare che dovessi subire imposizioni… In risposta, mi ha detto: ’Questo è il mondo, e tutti sappiamo che va così’. Ho replicato che questo non era il mio mondo, ritenendo superfluo aggiungere che i compiti dell’aggiunto non vengono decisi da un esponente di corrente, ma dal procuratore della Repubblica”.
Tra gli atti depositati al Csm c’è anche un carteggio tra Robledo e Bruti che riguarda l’indagine a carico di Guido Podestà, presidente Pdl della Provincia di Milano. Robledo, diventato coordinatore del dipartimento reati sulla pubblica amministrazione, accusa il procuratore di avergli chiesto di ritardare l’iscrizione nel registro degli indagati di Podestà. La vicenda comincia il 24 novembre 2010 quando Clotilde Strada, ex assistente di Nicole Minetti ma anche responsabile della raccolta firme per la presentazione delle liste Pdl alle regionali 2010, viene interrogata da Robledo sulle firme, risultate false, a favore del listino di Roberto Formigoni e del Pdl. Ammette di aver ricevuto ordini da Podestà. A quel punto, Robledo informa immediatamente il suo capo, Bruti, e gli comunica che intende indagare Podestà per falso ideologico. Il procuratore lo frena (“Questo crea un problema nel Pdl”), secondo quanto scrive Robledo in una lettera in cui gli fa il punto del colloquio: “Mi hai detto che si trattava di una situazione delicata, che era necessario fare ulteriori indagini prima di procedervi. Ti ho fatto presente che le dichiarazioni erano molto specifiche, già con riscontri di alcune affermazioni”. “Mi hai infine detto che l’iscrizione avrei dovuto farla, testualmente, ’solo quando te lo dico io’. Ti ho risposto che in più di trent’anni di magistratura le iscrizioni le avevo fatte esclusivamente in adempimento all’obbligo di legge… Ho aggiunto che il lunedì successivo, 28 novembre, avrei comunque proceduto all’iscrizione”. Per evitarla, “avresti dovuto revocarmi la delega per questo procedimento” e valutare anche se “ritirarmi la delega di coordinatore” del dipartimento, “perché non avrei cambiato modo di pensare”.
Robledo prosegue raccontando un incontro in corridoio avvenuto il 13 dicembre 2010: “Mi hai chiesto: ’Quell’iscrizione non l’hai poi fatta, vero?’. Ti ho risposto che l’avevo fatta e mi hai detto ’allora non ci siamo capiti’”. Bruti mette il suo disaccordo nero su bianco: “Ho appreso dell’avvenuta iscrizione a carico di Podestà… Hai proceduto a stretto giro, senza preavvisarmi e senza adottare la cautela dell’iscrizione con nome di fantasia, che ti avevo indicato come opportuna, a maggior tutela della segretezza”. Robledo nega di aver mai ricevuto una tale disposizione: “Devo farti presente che questa indicazione confligge di per sé con la tua indicazione di non provvedere all’iscrizione”. Oggi il Csm deciderà se avviare sul caso un supplemento d’istruttoria.