“L’ambasciata italiana e il Ministero degli Esteri hanno abbandonato diciotto italiani nelle galere della Bolivia disinteressandosi delle condizioni carcerarie, del loro stato di salute e delle lungaggini della giustizia locale”. L’accusa è dell’avvocato Sabato Tufano, legale di fiducia di uno degli arrestati, Gennaro Ciardi, 22 anni, arrestato a La Paz, località a Sud della Bolivia, lo scorso 5 febbraio, insieme ad altri 17 napoletani e due boliviani.
Una vicenda ingarbugliata: tutti sono accusati dall’autorità giudiziaria di aver organizzato una truffa nella vendita di apparecchiature prevalentemente per l’agricoltura “made in China” e fatte passare per tedesche. Il classico e spregevole “pacco napoletano”, purtroppo d’esportazione. Responsabilità che i diciotto fermati non negano – certo occorre accertare i fatti precisi per ognuno di loro – ciò però non giustifica uno stato detentivo assurdo. I diciotto italiani sono reclusi nel penitenziario di San Pedro, un carcere spesso finito sotto i riflettori della cronaca per via del suo sovraffollamento per le condizioni disastrose della struttura che portano ad evidenti e gravi problemi di ordine igienico/sanitario e psicologico per i detenuti che si trovano a dover vivere, in condizioni veramente al di là di un’umana sopportabilità.
Il paradosso è che una volta entrato nel carcere, il detenuto non è controllato da nessuno e, non viene nemmeno tutelato in caso di aggressione, violenza o abuso: i detenuti stanno dentro le mura, la polizia carceraria sta fuori. Le giornate non sono scandite da orari, attività o da un rigido regolamento che i detenuti sono tenuti a seguire. Tutto ciò che succede all’interno del carcere è regolato da una sorta di “regolamento interno” dei carcerati, che si organizzano in maniera del tutto autonoma, eleggendo alcuni delegati che stabiliscono norme e regole di vita e convivenza da seguire all’interno di quelle quattro mura.
“Il penitenziario si trova ad una altura di oltre tremila metri e in questo momento fa molto freddo – continua l’avvocato Tufano – per avere una coperta il mio assistito ha dovuto attendere un mese”. Ma il problema più serio è che sia l’ambasciata italiana in Bolivia sia il ministero degli Affari Esteri sembrano proprio disinteressati della vicenda. “Ho più volte sollecitato un intervento della Farnesina e dell’ambasciata affinché – sottolinea il legale – si celebrasse almeno l’udienza o si definisse bene il capo d’imputazione per gli imputati invece a distanza di oltre due mesi tutto langue. Nessuno risponde, nessuno interviene, nessuno fa nulla e c’è solo il continuo rinvio della causa. In più c’è da dire che noi avvocati italiani non abbiamo alcun modo di interagire né con i colleghi della Bolivia né con l’autorità giudiziaria”.
“Se il reato è stato consumato – aggiunge – parliamo sempre di una truffa e non di cose ben più gravi come il narcotraffico. Ma ciò che è scandaloso – denuncia il legale – è il silenzio colpevole che è calato da parte delle nostre autorità preposte ad intervenire e dei media. Sembra che ci siano italiani di serie A, B, C fino a Z abbandonati a loro stessi dove insomma essere italiani non conta praticamente nulla”. E l’avvocato Tufano a nome delle famiglie dei detenuti italiani nel carcere di San Pedro conclude rivolgendo un appello al neo ministro degli Esteri Federica Mogherini : “Occorre che l’Italia intervenga e faccia sentire il suo peso internazionale verso connazionali che avranno anche commesso dei reati ma devono essere trattati con dignità e nel rispetto delle leggi e fatti rientrare in Italia”.
@arnaldcapezzuto