Da Roma avviso di fine indagine per il caso della Cassa di risparmio di Teramo; da Bologna imputazione coatta per accesso abusivo ai sistemi informatici
Due colpi assestati uno dopo l’altro dalla magistratura e per il leader dei Moderati in Rivoluzione, Gianpiero Samorì, la campagna elettorale per le Elezioni Europee parte in salita. Alla fine del 2012 il nome dell’avvocato di Modena fu gettato per la prima volta nell’agone politico come quello di un possibile candidato del centrodestra alle politiche del febbraio 2013: fu un fiume in piena e lanciò persino proposte politiche sorprendenti per un uomo di centrodestra. Tra tutte la patrimoniale. Ci fu addirittura una convention a Chianciano terme, con tanto di anziani trasportati sul posto a loro insaputa. Insomma, la strada per correre contro l’allora candidato Pierluigi Bersani sembrava quella giusta per il “Berlusconi di Modena”.
Poi però il ritorno di Berlusconi, quello vero, mandò tutto all’aria e a Samorì non restò che fare ritorno al suo Mir: un partito che alle ultime elezioni per il Parlamento ha raccolto poco più di 3mila voti in tutta Italia (0,62% e zero seggi). Tuttavia, ora che il suo nome è tornato in campo ed è stato ufficializzato come candidato per Strasburgo nel collegio Nord-est per le liste di Forza Italia, ecco per Samorì ricomparire le grane con la giustizia. La procura della Repubblica di Roma ha inviato infatti a lui e ad altri 18 indagati un avviso di fine indagine per il caso Tercas, la Cassa di risparmio di Teramo. A dicembre 2013 i magistrati avevano disposto un maxi-sequestro che aveva colpito diversi personaggi tra cui il leader del Mir, che risultò tra le persone sotto inchiesta.
Secondo l’accusa un gruppo di imprenditori, con la compiacenza dell’ex direttore generale di Tercas Antonio Di Matteo (che fu arrestato), si era di fatto impadronito della banca abruzzese sostenendo in maniera fittizia l’istituto di credito e ottenendo finanziamenti al di fuori dei protocolli di garanzia, che non venivano restituiti. Dopo un mese, a gennaio 2014, Samorì aveva tuttavia convocato una conferenza stampa a Roma per spiegare che sostanzialmente tutto si era chiarito e che per lui presto sarebbe arrivata l’archiviazione. I magistrati romani infatti avevano parzialmente accolto la sua istanza di revoca del sequestro. “Ritengo doveroso esprimere il più grande apprezzamento per il modo in cui sono stato trattato dall’Ufficio del Pm, che mi ha consentito un’immediata difesa e che, nell’arco di un mese, mi ha restituito integra la mia onorabilità, usandomi un trattamento da vero Paese civile che se fosse applicato su larga scala ridurrebbe di molto il tasso di contenzioso tra politica e magistratura”.
Però, nonostante le lodi alla magistratura, a gennaio i magistrati dell’accusa avevano accolto solo in parte la richiesta di dissequestrare i conti dell’avvocato modenese. Perché se è vero che nei confronti di Samorì si riteneva indebolito il quadro indiziario per quanto riguardava il reato di associazione a delinquere, dall’altra, in merito alle accuse di ostacolo alla vigilanza e di appropriazione indebita, il sequestro fu confermato. E sotto la custodia giudiziaria rimasero due immobili, una barca e altri beni fino a un valore di circa 11 milioni di euro. Ora i due pm romani Francesca Loy e Giuseppe Cascini hanno inviato a Samorì e agli altri 18 sotto inchiesta l’avviso di conclusione indagini. Un atto che solitamente precede una richiesta di rinvio a giudizio. Samorì potrebbe farsi sentire presto dai pm, come suo diritto. Poi un giudice deciderà se archiviare la sua posizione o portarlo a processo.
Ma non è tutto. Per un’altra inchiesta, a Bologna il giudice per le indagini preliminari Andrea Scarpa ha ordinato nei confronti di Samorì l’imputazione coatta per il reato di accesso abusivo ai sistemi informatici. Sin dalla fine del 2011 il nome di Samorì era infatti finito nel registro degli indagati del pm Morena Plazzi. Secondo l’iniziale tesi dell’accusa, nei suoi diversi tentativi di raggiungere il consiglio di amministrazione della Banca popolare dell’Emilia Romagna, Samorì avrebbe carpito illegalmente contatti dei soci per poi fare campagna elettorale. “Sono stato sentito dalla Procura di Bologna e ho spiegato esattamente tutti i fatti producendo una quantità enorme di documenti che provano l’assenza di qualunque tipo di coinvolgimento da parte mia”, aveva spiegato a ilfattoquotidiano.it l’avvocato nel novembre 2012.
Effettivamente la pm Plazzi aveva richiesto l’archiviazione della posizione di Samorì. Tuttavia il 10 aprile scorso il Gip, decidendo sull’opposizione all’archiviazione presentata dai legali della Bper, ha imposto alla pm l’imputazione coatta. Samorì dovrà affrontare ora un’udienza preliminare dove un gup deciderà se mandarlo o meno a processo. Secondo il giudice Scarpa infatti sarebbe innegabile “l’effettivo ruolo di preminenza e guida all’interno dell’associazione Bper Futura”. E ci sono elementi che “inducono a individuare il suo concorso nei reati commessi dagli altri indagati”. Subito, anche stavolta, è arrivata la risposta di Samorì: “Io non ho fatto niente. Il pm aveva chiesto l’archiviazione, sono tranquillo. Non mi aspetto niente, perché so di non aver fatto nulla. I processi sono fatti apposta per determinare se una persona è colpevole o innocente. Vedremo”.