Rivendica le larghe intese, “unica possibilità” per formare un governo. E attacca chi lo critica. “Ho pagato un prezzo alla faziosità ma il bilancio dell’anno trascorso è positivo”, scrive il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in una lettera al Corriere della Sera in cui risponde al direttore Ferruccio De Bortoli. In molti passaggi il presidente della Repubblica rivendica la sua azione di indirizzo sull’esecutivo da lui “ideato” all’indomani delle elezioni 2013. “È stato duro procedere nel compito che mi spettava del promuovere la formazione di un governo di ampia coalizione, il solo possibile nel Parlamento uscito dalle elezioni del febbraio 2013, e nel sollecitare un programma di rilancio della crescita e dell’occupazione, e di contestuale, imprescindibile avvio di riforme economico-sociali e istituzionali già troppo a lungo ritardate”, scrive Napolitano.
Il Capo dello Stato torna quindi a fare ipotesi sui tempi residui del suo incarico, non escludendo di interrompere questo secondo mandato non appena avrà garanzie sull’avanzamento delle riforme costituzionali. “Confido che stiano per realizzarsi condizioni di maggior sicurezza, nel cambiamento, per il nostro sistema politico-costituzionale, che mi consentano di prevedere un distacco comprensibile e costruttivo dalle responsabilità che un anno fa mi risolsi ad assumere entro chiari limiti di necessità istituzionale e di sostenibilità personale”.
I passaggi più “caldi” della lettera, in ogni caso, sono quelli dedicati all’amarezza per le critiche ricevute. “Che questo processo si sia messo in moto, e di recente decisamente accelerato, senza essere bloccato da una crisi e susseguente ristrutturazione della maggioranza di governo né, più tardi, dal cambiamento politico sfociato in una nuova compagine e guida governativa, mi fa considerare positivo il bilancio dell’anno trascorso”. Per Napolitano, il motivo di un suo calo nei consensi è da ricercarsi proprio nelle critiche ricevute. “Essermi a tal fine esposto personalmente, sempre nei limiti del mio ruolo costituzionale, e aver pagato allo spirito di fazione un prezzo nei consensi convenzionalmente misurabili, non mi fa dubitare della giustezza della strada seguita”, aggiunge.
E ancora, addebita a chi lo ha criticato (accusato di non saper cogliere “primordiali interessi comuni”) la responsabilità di un suo calo di consensi: “Rifletto sulla persistente, estrema resistenza, che viene dagli ambienti più disparati, all’obbligo nazionale e morale di garantire la continuità dei percorsi istituzionali, e con essa primordiali interessi comuni, anche attraverso avvicinamenti e collaborazioni, sul piano politico, che s’impongono in via temporanea fuori delle naturali affinità e della dialettica dell’alternanza”, scrive Napolitano. “Dal non riconoscimento di quest’obbligo, di questa necessità, sono scaturite nel corso dell’ultimo anno reazioni virulente che hanno contagiato, sorprendentemente, ambienti molto diversi”.