Qualche settimana fa la notizia era che la scoperta di un nuovo pianeta di fatto ampliava i confini del Sistema solare. Ma gli occhi degli scienziati guardano sempre oltre e grazie al telescopio Kepler, che ha già individuato un anno fa due pianeti sosia della Terra, sappiano che esiste un pianeta roccioso di dimensioni del tutto simili a quel nostro sul quale potrebbe scorrere acqua allo stato liquido: una condizione fondamentale, questa, per poter ospitare forme di vita. Questo pianeta si trova nel nostro stesso ‘angolo’ della Via Lattea ed è stato identificato dall’occhio del più celebre “cacciatore di pianeti” della Nasa. Poco più di un anno fa l’annuncio c’erano nel suo mirino 461 pianeti possibili di cui quattro “vivibili”.
Le caratteristiche di questo (chissà) cugino più che gemello della Terra sono riassunte in una dettagliata ‘carta d’identità’ pubblicata sulla rivista Science che lo ha definito “un intrigante esopianeta”. Chiamato Kepler-186f è più grande del 10% rispetto alla Terra ed è il più esterno di cinque pianeti che ruotano intorno ad una nana rossa (una stella più piccola e fredda del nostro Sole) distante 500 anni luce. Secondo i calcoli della Nasa, Kepler-186f completa la sua orbita in 130 giorni, e la distanza che lo separa dalla sua stella è pari a quella che c’è tra il Sole e Mercurio: si trova dunque nella cosiddetta ‘zona abitabile’, ossia nella regione in cui riceve luce e calore tali da poter mantenere acqua liquida sulla sua superficie.
Per la coordinatrice della ricerca, Elisa Quintana, dell’istituto Seti e del Centro di ricerche Ames della Nasa, il pianeta potrebbe ricevere dalla sua stella la “giusta” dose di luce e calore, “non troppo né troppo poco”, perché l’acqua possa esistere allo stato liquido. Per questo motivo Kepler-186f è molto diverso dagli altri pianeti simili alla Terra finora scoperti. Questi ultimi sono infatti troppo vicini alla loro stella per poter avere acqua liquida.
Le nane rosse sono molto numerose nella Via Lattea e hanno caratteristiche che le rendono particolarmente interessanti agli occhi dei ‘cacciatori’ di vita nello spazio, come la loro longevità: ciò significa che c’è più tempo disponibile affinché sulla superficie dei pianeti circostanti avvengano le reazioni biochimiche necessarie alla nascita e all’evoluzione della vita. D’altro canto, però, le stelle più piccole sono in genere più attive ed emettono quantità maggiori di radiazioni. Pianeti come questi si contano sulla punta delle dita, rispetto agli oltre 1.700 pianeti esterni al Sistema Solare finora individuati dal telescopio spaziale Kepler.
Lanciato dalla Nasa nel 2009, Kepler ha raccolto immagini e dati su oltre 150.000 stelle, ma poi è stato costretto a ridimensionare la sua attività nel 2013 a causa di un guasto che ha rischiato di mandarlo anticipatamente in ‘pensione’. Finora i pianeti noti più simili alla Terra erano quattro, ma avevano comunque dimensioni di circa 2,5 volte rispetto a quelle della Terra. Sono stati comunque sufficienti queste osservazioni per convincere gli astronomi che nella Via Lattea i sosia della Terra potrebbero essere più comuni del previsto, al punto che il 22% delle stelle simili al Sole potrebbe ospitare un mondo simile al nostro.
Dopo Kepler, è in arrivo un altro cacciatore di pianeti, questa volta europeo. Si chiama Plato e il suo lancio è previsto entro il 2014. A bordo ci saranno ben 34 piccoli telescopi che per sei anni scandaglieranno l’universo osservando circa un milione di stelle ed i relativi pianeti che ruotano intorno ad esse. Alla missione l’Italia partecipa con l’Agenzia Spaziale Italiana (Asi) e l’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf).