Come abbiamo già visto nel nostro precedente post, l’articolo di Science dal titolo “Human Activity May Have Triggered Fatal Italian Earthquakes, Panel Says” ovvero, “Le attività umane potrebbero avere causato terremoti fatali in Italia, secondo la commissione” e soprattutto il rapporto della commissione istituita dalla Regione Emilia Romagna, tenuto nei cassetti della regione, si prestano a diverse riflessioni.
Ora, non intendiamo discutere qui se il terremoto è stato o meno causato dalle trivelle, lasciamo farlo agli addetti ai lavori, sia in un senso che nell’altro.
Ma la questione terremoto e trivelle merita senz’altro ulteriori considerazioni.
Innanzi tutto va presa consapevolezza, da parte dei politici ma anche dei cittadini, che il nostro territorio non è certo privo di rischi sismici (terremoto), oltre che idrogeologici (alluvioni). Con e senza trivelle. Con e senza casse d’espansione ed argini. Terremoti in passato, quando certo non si trivellava, si verificarono appunto nel Ferrarese e nella bassa Emilia, a Modena, a Castelvetro, nel Parmense, nei colli bolognesi e in quelli veronesi, a Rimini e in Romagna, senza poi parlare delle altre regioni d’Italia notoriamente ad alto rischio sismico.
Dunque è doverosa anzitutto la prevenzione. Costruendo come si deve e dove si deve, ma soprattutto intervenendo massicciamente per la messa in sicurezza di edifici pubblici, scolastici, di culto ma anche industriali.
La sensazione è che la discussione, sacrosanta, sull’eventuale ruolo delle trivelle stia facendo passare in secondo piano che sono crollate o diventate inagibili centinaia di scuole, ma anche di capannoni industriali. E questo in una regione fra le (finora) più ricche d’Europa non è accettabile. Altra sensazione è che passata l’emergenza, per il terremoto come per l’alluvione, ci si dimentichi di tutto, salvo poi riscoprirlo alla prima pioggia intensa o al primo tremore del suolo.
Occorre ragionare su un termine nuovo, “resilienza”, per affrontare le catastrofi senza “collassare”. Difficile da spiegare cosa significa ma si può dare l’idea con alcuni esempi. Rinforzare gli argini, o costruire tendendo conto della liquefazione su terreni soggetti a questo fenomeno è “adattamento”. Dare spazio al fiume, ristrutturare l’esistente antisismico, non costruire nelle zone di amplificazione dei terremoti o facilmente soggette ad allagamenti è resilienza.
Ultima considerazione: è mai possibile che per questi malaugurati eventi non esista una procedura standard sul cosa e come fare per i risarcimenti e altro, ed ogni volta si aprano discussione, con un rincorrersi di ordinanze, decreti e leggi su strutture provvisorie, procedure dei rimborsi, sospensione di tasse e mutui, e quanto altro?
Un Paese civile, comunque a rischio idrogeologico e sismico, dovrebbe avere chiaro cosa e come fare, come e quanto rimborsare ai cittadini, dopo una malaugurata catastrofe. Ma soprattutto non dovrebbe veder crollare scuole e fabbriche ed andare sott’acqua ad ogni tremarella o pioggerella.