Il presidente dell'Abi riparte all'attacco contro l'aumento al 26% dell'aliquota sulle plusvalenze realizzate dalla rivalutazione del capitale di Bankitalia. Ma il sottosegretario respinge al mittente le obiezioni: "Ognuno deve fare la propria parte"
Le banche alzano gli scudi contro la scelta del governo Renzi di aumentare al 26% l’aliquota d’imposta sulla rivalutazione delle quote di Banca d’Italia, misura decisa nel Consiglio dei ministri di ieri per coprire le misure contenute nel Dl Irpef. Ma dall’esecutivo arriva l’altolà: fate la vostra parte senza lamentarvi troppo. Si può riassumere così lo scambio di vedute – a distanza, ma acceso – tra Antonio Patuelli, presidente dell’Abi (Associazione bancaria italiana), e Pier Paolo Baretta, sottosegretario all’Economia. “Chiediamo un forte ripensamento“ all’esecutivo, ha scritto in una nota Patuelli, lamentando che “il forte aumento della pressione fiscale deliberato ieri dal Consiglio dei ministri si assomma a quello deciso il 25 novembre scorso dal precedente Governo: i due provvedimenti hanno determinato l’aumento dell’anticipazione Ires 2013 al 130% per banche e assicurazioni, l’enorme addizionale dell’8,5% sull’Ires 2013 sempre di banche e assicurazioni, la rivalutazione delle quote di Banca d’Italia (ultimi in Europa) con l’imposta del 12% disposta dalla legge di stabilità per tutte le rivalutazioni”. Imposta che ieri è stata aumentata al 26 “con effetti retroattivi giuridicamente più che discutibili”. Poi una nuova tirata contro quelle che una decina di giorni fa il numero uno dell’Abi aveva già definito “mazzate”: “L’Italia, pienamente inserita nell’Unione europea ed anche nell’Unione bancaria, penalizza fiscalmente le banche operanti in Italia rispetto a quanto avviene alle concorrenti degli altri paesi Ue”, nell’anno in cui gli istituti di credito vengono sottoposti all’esame della Bce.
Baretta non si è lasciato impietosire e, in un’intervista a Radio Popolare, ha detto chiaro e tondo di ritenere la reazione “sproporzionata: capisco che esiste un problema di tassazione aggiuntiva, però in una situazione dove l’obiettivo è la ripresa del Paese, dell’economia e soprattutto dei consumi, ognuno deve fare la sua parte, comprese le banche”. Le banche quindi stanno esagerando? “Diciamo che partono da una valutazione tutta interna al loro mondo e tutta legata alle loro singole convenienze”, comunque “non mi pare che ci sia il rischio” di ricorsi legali per gli effetti retroattivi dei provvedimenti giudicati dall’Abi ‘giuridicamente molto discutibili’. Quanto alla supposta penalizzazione alla vigilia degli “esami” europei, l’obiezione è respinta al mittente: “L’esame della Bce non è su quante tasse pagano le banche, ma sul grado di efficienza e di capitalizzazione. Credo che la Bce sia in grado di dare una valutazione equilibrata, che tenga conto anche delle imposizioni fiscali fatte nel nostro Paese. L’argomento che adottano le banche italiane mi sembra quindi non giustificato”.