Si è appena concluso qui a Bruxelles il diciottesimo Congresso dell’Associazione internazionale dei giuristi democratici, cui ho avuto occasione di partecipare.
Tale Associazione nacque nel 1946 per iniziativa di giuristi di vari Paesi, fra i quali uno dei redattori della Dichiarazione universale dei diritti umani approvata nel 1948 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, il francese René Cassin. Molta acqua è passata sotto i ponti, ma non si può certo dire che gli scopi racchiusi in detto fondamentale documento e nella Carta delle Nazioni Unite siano stati raggiunti.
Al contrario. La pace resta un miraggio per molte zone del mondo, mentre si creano nuovi pericolosi focolai di conflitto, come in Ucraina. I diritti fondamentali della maggioranza dell’umanità non sono affatto garantiti. La democrazia è minacciata dallo strapotere della finanza e delle imprese multinazionali, che dominano il pianeta, imponendo la loro agenda e le loro scelte contro gli interessi dei popoli e dei cittadini in tutto il mondo.
Come affermato dal presidente del Forum mondiale del Terzo Mondo, Samir Amin, in uno degli interventi della sessione d’apertura del Congresso, la democrazia è ovunque in declino, proprio per effetto di questo fenomeno. Il processo produttivo è sempre più dominato dai monopoli, che hanno provocato la crisi della piccola impresa e delle imprese familiari in agricoltura, gettando sul lastrico milioni di persone in più in tutto il mondo. Del pari è oramai avanzato il processo di finanziarizzazione dell’economia, per effetto del quale il denaro viene sempre meno investito creando posti di lavoro e attività volte a soddisfare bisogni reali e sempre di più invece nel cosiddetto casino’ globale.
Di conseguenza anche la democrazia politica è in crisi. Tutti i Paesi sedicenti democratici dell’Occidente cosiddetto avanzato sono governati dal partito unico degli affari e delle finanza, che assume varie sembianze, può chiamarsi Renzi o Berlusconi, Hollande o Sarkozy, Obama o McCain, ma risponde, forse con qualche secondaria variante, alle esigenze della classe dominante e dell’accumulazione del capitalismo finanziario. Ciò determina la crescente disaffezione della gente nei confronti delle elezioni e della politica tout-court, vista, non senza qualche ragione, come fonte esclusivamente di sprechi e di corruzione. Ne scaturiscono anche fenomeni interessanti, come il Movimento Cinque Stelle in Italia, che deve tuttavia elaborare un’analisi strategica e conseguenti proposte, altrimenti sarà costretto a campare, ma non in eterno, esclusivamente sulle boutades più o meno felici di Grillo.
Il Terzo Mondo è divenuto terreno di conquista per le multinazionali interessate unicamente ad accaparrarsene le risorse e pronte, per tale motivo, a violare diritti umani e scatenare conflitti come quelli che hanno causato milioni di vittime in Africa negli ultimi venti anni. I governi che cercano di portare avanti politiche alternative vengono destabilizzati fomentando direttamente il terrorismo, come hanno fatto nel corso degli anni gli Stati Uniti a Cuba, o l’opposizione violenta dei settori della popolazione che, a torto o ragione, sono scontenti, come in Venezuela.
Continua il degrado ambientale, mentre è evidente la non volontà dei poteri dominanti di combattere problemi esiziali come il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità e vari altri.
In una situazione del genere, nella quale sembra avere diritto di parola solo chi ha i soldi o chi usa le armi a profitto di chi ha i soldi, i giuristi democratici, profeti disarmati animati solo dalla loro fede nel diritto inteso come strumento e programma di trasformazione sociale, sembrano costituire un anacronismo scarsamente rilevante. Eppure, la scommessa di questo diciottesimo Congresso, cui hanno partecipato oltre trecento giuristi provenienti da oltre cinquanta Paesi del mondo, incluse Palestina e Sahara Occidentale, è quella di far rivivere, in questo mondo inospitale e in crisi, i principi giuridici presenti in tanti documenti internazionali, a partire dalla Carta delle Nazioni Unite e dai Patti internazionali sui diritti umani, così come in Costituzioni nazionali ancora largamente inattuate eppure costantemente attaccate da parte del potere, come la nostra.
Ci riusciranno se sapranno entrare in contatto sempre più stretto e proficuo con le istanze, lotte ed organizzazioni popolari in tutto il pianeta. Fuori dal diritto non c’è salvezza, ma solo il degrado irreversibile delle condizioni sociali e ambientali a profitto di pochi disgraziati rinchiusi nelle loro ben munite fortezze.