Bisogna piantarla di ripetere che Matteo Renzi è come Robin Hood, come fanno certi giornali amici (quasi tutti). Ma vatti a fidare degli amici. Altro che Robin Hood, Renzi è molto di più. Il giustiziere della foresta di Sherwood se la cavò combattendo lo sceriffo di Nottingham: un nemico in tutto, e morta lì. Robin Renzi, invece, nemici ne cambia uno giorno, e uno non vale uno, ma vale un’intera categoria, o addirittura una casta in blocco.
Robin Renzi sa fiutare alla grande l’aria che tira, ha capito che in questi tempi antipolitici i nemici sono molto più utili degli amici, di loro sì che ci si può fidare. E se non ci sono, bisogna inventarseli. Ieri, l’ultimo arrivo: dopo i tradizionali scongiuri diretti a gufi e rosiconi, ecco la nuova battaglia contro “i grandi burocrati”, quelli che avevano tentato di bloccare fino all’ultimo la manovra, ma non ci sono riusciti.
E dire che fino a ieri i grandi burocrati, incistati nei ministeri, nei gabinetti, nelle pubbliche amministrazioni erano coloro che scrivevano le leggi, che tagliavano, cucivano, emendavano e rammendavano. Erano – e sono- i veri intoccabili quei mandarini causidici ed esoterici, quelle vestali del decreto attuativo, quelli che restano mentre tutti gli altri passano. Tecnici anche loro, ma con un’arma letale in più rispetto ai tecnici montiani; presenti da sempre nei grigi gangli della Pubblica amministrazione, da essa quasi indistinguibili, senza alcun bisogno di indossare il loden ed entrare in politica, il lido da cui non si torna.
Anche questa volta pensavano di essere al sicuro, ma non avevano fatto i conti con la balestra a infrarossi di Robin Renzi, capace di geolocalizzare il nemico ovunque, perfino in via XX Settembre. Stando alle promesse del castigamatti, la pacchia è finita, il nuovo nemico è stanato e al suo indirizzo è pronto un assalto alla baionetta. C’è chi parte dalle fondamenta, e chi parte dal tetto. Renzi parte dal tetto: non più di 240 mila euro di stipendio per i dirigenti della pubblica amministrazione, e tutto questo nel nome di Adriano Olivetti, un simbolo che per la storia della nostra cultura d’impresa è più sicuro di uno scudo di kryptonite. E questo è solo l’antipasto. C’è anche il taglio delle auto blu, che non saranno più di cinque a ministero; resterà molto spazio in garage, ma c’è da credere che non resterà inutilizzato a lungo. A riprova che il vento è cambiato, Robin Renzi potrebbe varare le biciclette blu; se i grandi burocrati vogliono a tutti i costi il mezzo di Stato, allora pedalino.
A meno che i garage di ministeri e pubblica amministrazione non vengano ridisegnati per fare posto ai nuovi, più umili uffici. Basta con quelli troppo spaziosi, non si dovranno superare i 24 metri quadrati. Dunque bisognerà ripensare anche al mobilio; dopo le auto blu, c’è da giurare che andranno su eBay anche il pouf di Fracchia e la poltrona in pelle umana del Direttore Megagalattico. E vedrete, anche loro supereranno la quotazione ufficiale di Porta Portese.
Il Fatto Quotidiano, 20 Aprile 2014