Matteo Renzi è Presidente del Consiglio dal 22 febbraio, ma finora non mi ero ancora deciso a scrivere un post sull’operato del suo governo dal punto di vista fiscale. Questo principalmente per due motivi. Il primo è che questo governo rappresenta a mio parere un completo bluff, ed è inutile accusare un giocatore di bluffare fintanto che le carte sono coperte: basta chiamare ed aspettare. Il secondo è che, anche una volta scoperte le carte alcuni giorni fa, con la pubblicazione del DEF, sono rimasto abbastanza disorientato da molte reazioni festanti a riguardo, specie da parte di alcuni commentatori dell’area cosiddetta “liberale”. Ho quindi aspettato ancora un po’, rileggendo di nuovo il documento e cercando di capire un po’ meglio: forse mi perdevo qualcosa.
Cominciamo con il dire che il bluff di Renzi è allo stesso tempo più sfacciato e più subdolo di quello del suo maestro politico Berlusconi: mentre quest’ultimo ha sempre affermato in campagna elettorale di voler abbassare prelievo fiscale e spesa statale, salvo poi alzare entrambi una volta al governo (dando la colpa alle “congiunture internazionali”, ai vincoli europei, ai tradimenti degli alleati, alla globalizzazione o a complotti tedeschi), Renzi adotta il metodo di annunciare un taglio di spese e tasse e contemporaneamente, approfittando della distrazione, mettere in atto aumenti in altri capitoli, fino a compensare e superare i tagli (ipotetici) con nuovi aumenti (reali).
E’ vero: Renzi e i suoi hanno parlato di un piano di detrazioni Irpef equivalente a “80 euro per busta paga” (meglio che nulla, si dirà!) in parte coperto da 4,5 miliardi di tagli alla spesa, di quasi 12 miliardi di parziali cessioni di asset (ovviamente senza cessioni del controllo), di un limite alle retribuzioni per dirigenti statali e para-statali a “soli” 239.000 euro lordi l’anno (molto improbabile venga rispettato, visto che a scrivere decreti attuativi e sentenze a riguardo saranno i beneficiari di quelle stesse retribuzioni). Ma d’altra parte si è parlato anche dell’aumento del prelievo sui piccoli risparmiatori, di aumento dell’aliquota base della Tasi, dell’aumento di tassazione sulle plusvalenze bancarie (che ovviamente verrà scaricato sui clienti).
Quindi la domanda, se ci si basa solo sui titoletti dei giornali, è legittima: sono più i tagli o più gli aumenti? Affidiamoci per rispondere alla fonte più ufficiale possibile: il DEF stesso. Grazie alla mirabolante “spending review” di Renzi, la spesa statale totale nel 2014 sarà di oltre 809 miliardi di euro, in netto aumento rispetto ai quasi 799 miliardi del 2013. E per gli anni successivi? Il DEF prevede un aumento a quasi 818 miliardi per il 2015, a quasi 829 miliardi nel 2016, a oltre 838 miliardi nel 2017, all’incredibile cifra di quasi 852 miliardi nel 2018! Anche se si prendono i valori al netto degli interessi, la tendenza non cambia: crescita continua. Alla faccia della spending review! E come possono mai essere pagate, queste spese folli? Ma è ovvio: aumentando la tassazione complessiva! Si parla di un aumento dai quasi 752 miliardi del 2013 a oltre 763 miliardi nel 2014. Alla faccia degli 80 euro in busta paga! E la festa prosegue: aumento a quasi 785 miliardi nel 2015, a oltre 803 miliardi nel 2016, a oltre 823 miliardi nel 2017, a quasi 846 miliardi nel 2018.
Non esiste alcun taglio di spese o tasse (casomai si gioca sulle parole riferendosi a tagli sugli aumenti previsti in relazione all’andamento del PIL), esistono invece aumenti clamorosi su entrambi i fronti! Ma di quale “svoltabuona” si sta parlando? Renzi ha portato tasse e spese a livelli senza precedenti, esattamente come Letta, come Monti e come Berlusconi (ci fermiamo qui per comodità, ma non sarebbe un problema continuare la regressione).
Osservando questi numeri, è veramente incredibile che un “Chicago-boy” come Oscar Giannino argomenti i suoi “Tre buoni motivi per promuovere il DEF” scrivendo che “questa volta non siamo all’annuncio di una manovra fatta soprattutto di imposte e accise” (in effetti è vero: in questo caso nessun annuncio: le tasse aumentano e basta, in sordina) e che “il più viene da importanti tagli strutturali e permanenti alla spesa” (eh certo: tagli importanti e strutturali per portare la spesa da 799 miliardi a 852 miliardi in 5 anni!!!). Un maligno potrebbe forse associare questa strana miopia sulle cifre alla trovata del governo Renzi di cooptare all’interno di ministeri ed enti pubblici anche tre ex-compagni di Giannino nell’avventura di Fare per Fermare il Declino, ma lasciamo queste teorie nel gossip complottista.
Sforziamoci comunque di guardare sempre al lato positivo: la retorica “pseudo-liberista” del premier in fondo a qualcosa serve: mentre Renzi aumenta tasse e spese dicendo che le sta abbassando, vengono a galla i tanti socialisti del sedicente “centro-destra”, che pavlovianamente si oppongono persino ai tagli immaginari.