Il movimento delle rocce procede a una velocità di circa 20 centimetri l'ora. Il giorno di Pasqua si è verificato un cedimento consistente e per 20 minuti è stato chiuso l'accesso al traforo del Monte Bianco. Le accelerazioni maggiori riguardano l’area da cui lo scorso giovedì si è staccato il cosiddetto "naso" della frana
Continua a far paura la frana sul versante nordoccidentale del Mont de La Saxe, a Courmayeur, che da circa due settimane ha fatto scattare l’allerta in tutta la zona. Il giorno di Pasqua, intorno alle 13, si è verificato un crollo consistente, di circa 2mila metri cubi di terra e rocce. Per una ventina di minuti è stata sospesa la circolazione nel tratto finale della statale 26 di accesso al traforo del Monte Bianco, riaperto poi regolarmente alle 15.15. I geologi del dipartimento Programmazione, difesa del suolo e risorse idriche dell’assessorato regionale della Valle d’Aosta e i tecnici della Protezione civile hanno sorvolato in elicottero il versante per controllare l’evoluzione della frana. Nonostante l’abbassamento delle temperature (la frana accelera con il procedere del disgelo), il movimento è proseguito con una velocità di circa 20 centimetri l’ora. E sono proseguiti i crolli, il maggiore dei quali è stato registrato poco prima delle 19. Le accelerazioni maggiori riguardano l’area da cui lo scorso giovedì si è staccato il cosiddetto “naso” della frana: un volume di 5mila metri cubi di rocce e detriti che raggiungendo la Dora di Ferret – il fiume che separa il Mont de La Saxe dalla frazione di La Palud, i cui 80 abitanti sono stati evacuati l’8 aprile – ha fatto scattare per tre ore la procedura di emergenza. Nessuno, comunque, è rimasto coinvolto.
La frana non è un fenomeno nuovo. Dal 2009 il Mont de la Saxe è costantemente monitorato con una rete di quattro sistemi distinti e indipendenti, che trasmettono i dati sui movimenti della massa in tempo reale ai tecnici della struttura Attività geologiche dell’assessorato regionale Opere pubbliche. Il fenomeno ha accelerazioni quasi periodiche in corrispondenza del periodo primaverile. I movimenti sono in gran parte causati dall’afflusso di acque in profondità, alimentate dalla fusione del manto nevoso. Per quanto riguarda invece il movimento costante, più lento, che si rileva durante l’intero arco dell’anno, secondo i tecnici è probabile che sia legato a una circolazione idrica più profonda, circa -90 metri. Non è possibile, per ora, prevedere con precisione se alcuni settori si staccheranno in maniera autonoma e se un distacco parziale di grossi volumi (oltre 100mila metri cubi) possa destabilizzare il resto della massa al punto tale da produrre un crollo totale.
Dall’inizio di aprile la frana ha riguardato un volume di terra e detriti compreso tra i 265mila e i 400mila metri cubi. La velocità non è stata costante: è passata dagli 11 millimetri l’ora del 3 aprile ai 18 dell’8 fino ad arrivare ai 204 millimetri all’ora del 17. Il 3 aprile il comune di Courmayeur ha emesso un bollettino di elevazione del livello di criticità e l’8 aprile è stato comunicato lo stato di probabile crollo imminente, con la chiusura dell’area e l’evacuazione di La Palud.