A fine maggio - proprio quando si andrà alle urne per le elezioni europee - gli italiani riceveranno un'edizione speciale del Corriere tutta dedicata alla ripresa economica. Lo annuncia l'ad del gruppo, intervistato dal quotidiano britannico
Un’edizione speciale del Corriere della Sera dedicata alla “ripresa” e distribuita gratuitamente in 20 milioni di copie. Eccola qui la geniale “trovata di marketing” che Pietro Scott Jovane, amministratore delegato di Rcs, ha deciso di mettere in campo per “celebrare il revival economico dell’Italia” e “promuovere il sito rinnovato del più noto quotidiano del paese”. Ad annunciarlo, dalla prima pagina dell’inserto Companies and markets, è il Financial Times. Che – a una settimana di distanza dalla puntata di Report sulla crisi di Rcs – dedica un articolo e una benevola analisi ai piani di Jovane per “rivoltare” il gruppo editore del Corriere in sintonia con i suoi dichiarati due mantra: “digital first” e “per i business in perdita non ci sono seconde chance”. Infatti non ce ne sono state, come è noto, per gran parte della ex divisione Periodici di Rcs, sfoltita a colpi di scure e i cui giornalisti, dopo un periodo di cassa integrazione, sono ora in regime di solidarietà con orario e stipendi ridotti.
Quanto al giorno di uscita, è ancora da decidere: si sa solo che cadrà “nella seconda metà di maggio”. Cioè a ridosso delle elezioni europee del 25. Un periodo politicamente caldo. Durante il quale non risulta certo neutrale un’operazione come questa, volta a celebrare il barlume di ripartenza dell’economia. L’uscita del Corriere appare oggettivamente in sintonia con l’ottimismo del governo e cade in coincidenza con l’arrivo dei famosi 80 euro in busta paga. In ogni caso, per conoscere gli specifici contenuti del “numero speciale” bisognerà attendere almeno un mese. Per ora si sa solo che conterrà una serie di servizi “su tutti gli aspetti della ripresa economica dell’Italia” e a sponsorizzarlo saranno una dozzina di grandi aziende. Tra cui Rachel Sanderson, che firma gli articoli, ipotizza possano esserci i maggiori investitori pubblicitari del quotidiano nato nel 1876: da Barilla e Ferrero a Telecom Italia, passando per Fiat, primo azionista di Rcs dopo l’aumento di capitale della scorsa estate.
A proposito della strategia di Jovane per rianimare il gruppo, che ha archiviato il 2013 con un rosso di 218,5 milioni di euro (a fronte dei -507,1 milioni del 2012), il servizio non dice molto di più. Suggerisce solo, citando “analisti di Mediobanca”, che le inserzioni concentrate nel numero una tantum dovrebbero dare una spinta ai ricavi, in attesa dei Mondiali di Calcio e del loro consueto effetto propulsivo su vendite e pubblicità della Gazzetta dello Sport. E, sul fronte delle nuove iniziative, elenca la discussa acquisizione di Youreporter.it, il lancio del “sito di giochi Twingis.it” – che, per la precisione, si chiama Twigis – e il cross-selling online dei libri Rizzoli ai lettori del Corriere. Massimo risalto, invece, è dato alle “tensioni” interne al cda (in particolare la guerra tra Elkann e Diego Della Valle) e soprattutto alla resistenza dei giornalisti nei confronti dei piani del manager e del suo bonus milionario, cancellato in seguito alla minaccia di uno sciopero e a “una rivolta salita fino all’ufficio del direttore Ferruccio de Bortoli, che ha minacciato di lasciare”.
Comunque, subito dopo aver ricordato il precedente di Vittorio Colao – ad di Rcs dal 2004 al 2006, che “lasciò dopo essere stato ostacolato per due anni dallo staff editoriale e da un gruppo di azionisti” – Sanderson dà la parola all’ex capo di Microsoft Italia. Che esordisce rispolverando il vecchio adagio per cui “noi italiani” diamo il meglio quando tutto sembra perduto: “Abbiamo bisogno di una crisi per cambiare le cose”, spiega. Bene: la crisi c’è. Le idee su come “cambiare le cose” si spera seguiranno. Per ora si fa cassa. Commentando la discussa vicenda della cessione dell’immobile di via Solferino, storica sede del Corriere venduta l’anno scorso al fondo Blackstone per 120 milioni di euro, Jovane spiega: “abbiamo dovuto vendere perché avevamo bisogno di cash”. Ma la cessione, per quanto “commovente”, è stata emblematica di un necessario “cambiamento di mentalità”.