Era uno scrittore siciliano, di Siracusa, si chiamava Aldo Adorno. Era un amico.
Ma non è questo il punto. E’ morto a Pasqua, nella Risurrezione, nella medesima alba, se n’è andato verso la luce, con le sue spoglie lasciate nel terribile giaciglio degli ultimi giorni, abbandonate finalmente le disillusioni mondane, la miseria, l’amarezza, il corpo mortale, l’ingombro. Non è questo il punto.
Essere umano era il monito di Aldo, sedevamo al bar, parlavamo delle nostre cose, lui credeva ancora nel sussulto cagionato dall’amore, io no; soffriva maledettamente le sue battaglie con i tanti demoni, che lo coglievano la notte, disturbando la sua quiete, quiete che invece sapeva coltivare il giorno, con le sue letture, i pochi amici. Ma era uomo di fede, finché l’abisso o l’oblio non l’ha inghiottito, così la vita talvolta ci mette davanti la contingenza di qualcosa o qualcuno che diventerà il nostro nemico, la nostra fine, o quel Giuda concepito per tradire, funzionale al tradimento, eppure alla nostra Risurrezione.
Voglio tuttavia parlare dello scrittore Aldo Adorno, il mio è un appello ragionato e giusto perché ci sia chi si occupi dei suoi scritti, chi possa riconsegnarci questo grande intellettuale, perché non rimanga confinato alla memoria collettiva della sua città; il mio invito è rivolto agli editori – alla buona editoria – affinché si interessino di questo autore, colto, animo appassionato, e lo facciano riscattando le sue opere. E l’amico riposi in pace.