Nel 2013 le undici principali banche italiane hanno perso complessivamente 21,87 miliardi di euro, ma gli stipendi dei loro amministratori sono cresciuti in un anno del 16,8%, a 19,2 milioni. Lo rileva un’indagine dell’Ufficio studi della Uilca, il sindacato di settore della Uil, che ha preso in esame i compensi dei vertici dei principali gruppi bancari italiani (Intesa SanPaolo, Unicredit, Banca Monte dei Paschi di Siena, Banco Popolare, Ubi, Banca Popolare di Milano, Banca Popolare dell’Emilia Romagna, Banca Popolare di Sondrio, Banco di Desio e della Brianza, Banca Carige, Credito Emiliano). Secondo l’analisi un banchiere “vale” come 62 dei suoi dipendenti bancari, o meglio questo è il rapporto tra le due retribuzioni in media.
Sono passati solo pochi giorni dalla “durissima omelia” del predicatore pontificio, padre Raniero Cantalamessa, e la Uilca non manca di ricordarlo. Durante la celebrazione della Passione a San Pietro, presieduta da Papa Francesco, il prelato ha definito “scandaloso che alcuni percepiscano stipendi e pensioni cento volte superiori a quelli di chi lavora alle loro dipendenze”. “L’indagine dell’Ufficio Studi Uilca conferma questo paradosso anche durante il perpetrarsi della crisi. In barba ai proclami e ai gesti simbolici, i top manager bancari guadagnano di più rispetto al 2012, anche se sono alla guida di istituti bancari dai bilanci oscillanti”, commenta in una nota il sindacato.
Sull’aumento del monte stipendi degli amministratori delegati, fa notare il sindacato, hanno pesato “in parte” i 3,6 milioni di euro di penali pagate all’ex amministratore delegato di Intesa SanPaolo, Enrico Cucchiani, per recesso anticipato dal contratto. Lo stipendio dei banchieri “è sostanzialmente” costituito da una “quota fissa” mentre “sono solo due i Ceo che hanno percepito uno stipendio inferiore agli 800.000 euro nel 2013″. Alla vigilia della dell’apertura del confronto con l’Abi per il rinnovo del contratto nazionale dei lavoratori del credito, il sindacato guidato da Massimo Masi chiede così “a gran voce interventi che producano politiche coerenti con principi di responsabilità sociale, sviluppo sostenibile ed equità distributiva” e avverte che “non accetterà mai che siano solo le lavoratrici e i lavoratori a doversi addossare ogni onere e ogni sacrificio”.