David Moyes è stato licenziato dal Manchester United. Al suo posto fino alla fine della stagione Ryan Giggs, poi a giugno una delle panchine più ambite e difficili del calcio mondiale sarà in cerca di padrone. Non ha superato via crucis e resurrezione il ‘prescelto’ – the chosen one – lo stesso soprannome di LeBron James con cui la stampa britannica chiamava Moyes per denigrarlo, e sottolineare come fosse diventato tecnico dello United non per meriti sportivi ma per essere stato scelto, appunto, dal pensionato padre-padrone Sir Alex Ferguson. La decisione di licenziare il tecnico, comunicata questa mattina con un tweet dalla società dopo una riunione di emergenza, risalirebbe addirittura a febbraio, dopo la clamorosa sconfitta in Champions con l’Olimpiacos, grazie anche a una clausola che permette al club, di pagare solo uno dei restanti cinque anni di contratto per la mancata qualificazione alla prossima Champions.
L’annus horribilis di Moyes – 27 vittorie, 9 pareggi e 15 sconfitte in 51 partite, già eliminato da tutte le coppe e mestamente settimo in classifica a quattro giornate dal termine – risulta tale soprattutto se paragonato all’immaginifica eredità lasciatali da Alex Ferguson, che la memoria del pallone ricorderà come uno degli allenatori più vincenti nella storia del calcio. E che l’eredità dall’ex tornitore del porto di Glasgow sia qualcosa di impossibile da caricarsi sulle spalle lo dimostra che il successore temporaneo di Moyes sarà come allenatore-giocatore Ryan Giggs, uno dei Fergie Boys, della nidiata di calciatori provenienti dalle giovanili che venti anni fa si sono affacciati al calcio professionistico e hanno vinto tutto quello che c’era da vincere. E anche di più.
Dopo qualche buona stagione all’Everton, il prescelto Moyes fin da subito aveva mostrato di non avere il phisyque du rôle per gestire lo United, fallendo dapprima gli obiettivi di mercato come Fabregas e Alcantara e strapagando invece buoni giocatori come Fellaini e Mata. The chosen one lascia il club con la prima mancata qualificazione in Champions League dopo 19 anni e il peggior record casalingo dal 1978, e per questo la sua successione sarà un problema ancora maggiore. Se l’anno scorso Mourinho avrebbe fatto carte false pur di approdare a Manchester, e si racconta che abbia pianto il giorno che Ferguson ha scelto Moyes, non è detto che quest’anno abbia intenzione di riprovarci. Anzi.
Un altro tecnico molto apprezzato da Fergie era Laurent Blanc, un passato da calciatore anche nei Red Devils, ma la mediocre stagione al Psg non è un buon biglietto da visita. Non sarà nemmeno Roberto Martinez, lo spagnolo che dopo buone stagioni con Swansea e Wigan sta portando proprio l’Everton a lottare per il quarto posto, che lo United con gli ex Toffees è rimasto già scottato. E allora ritornano prepotenti i nomi di Luis Van Gaal e di Jurgen Klopp, il primo a 62 anni è un vecchio santone della stessa risma di Ferguson, il secondo a 46 anni è l’artefice del gioiello Borussia Dortmund, che dopo aver raggiunto la finale di Champions quest’anno non si è ripetuto solo per i troppi infortuni. Ma questi nomi sono anche sul taccuino delle dirigenze di Barcellona e Psg, le altre due big europee che dal prossimo anno cambieranno guida tecnica. Con l’incognita Manchester City.
Se Real e Atletico sono assai soddisfatte di Ancelotti e Simeone, Chelsea e Liverpool proseguiranno con Mourinho e Rodgers e il Bayern Monaco è solo all’inizio del ciclo Guardiola, quella con i maggiori problemi è proprio l’ex squadra del tecnico catalano. Dopo le transizioni molto soft tra Van Gaal, Rijkaard e Guardiola, si pensava che il Tata Martino potesse essere il Capello arrivato dopo il Milan di Sacchi. Un aggiustatore che limasse solo alcuni eccessi del profeta che l’aveva preceduto. Ma così non è stato, e a partire dal difficile inserimento di Neymar, i problemi fiscali che sono derivati dal suo acquisto e il recente blocco di mercato deciso dalla Fifa – che con tutta probabilità sarà tolto – il Barcellona attuale è una polveriera bisognosa di ripartire da un progetto più consistente di quello di Martino. Lo stesso potrebbe accadere a Manchester (sponda City) e Parigi, dove le proprietà del Golfo Persico necessitano una Champions League per legittimarsi definitivamente come nuove potenze mondiali agli occhi del grande pubblico.
In tutto questo, l’assenza più assordante è quella del calcio italiano, oramai fuori da troppo tempo dal grande giro perché i suoi protagonisti possano essere invitati ai balli di corte. In questo contesto si inserisce perfettamente la figura di Antonio Conte, di gran lunga il migliore dei tecnici italiani che allenano in Serie A, il cui appeal internazionale è però pressoché nullo. Difficile, per non dire impossibile, vederlo il prossimo anno a Manchester o Barcellona. Lo stesso vale per Rudi Garcia, autore di uno strepitoso campionato con la Roma, che molti quotidiani vorrebbero in partenza per altri e prestigiosi lidi. Spiace dirlo ma nel calcio globale da oramai troppo tempo le strade non portano più a Roma, né tantomeno al resto d’Italia.