“Comandante Kirk a Enterprise… Scotty? Teletrasporto…” Ricordate? Battuta classica del protagonista di Star Trek, passata alla storia. Fascio di luce, musichetta di circostanza, evaporazione progressiva del soggetto da teletrasportare. Sequenza successiva: interno luce artificiale, sala teletrasporto dell’astronave Enterprise, tecnico che armeggia a una consolle, solita musichetta e rimaterializzazione del teletrasportato.
Fantascienza? Non tanto. Anzi, per nulla. Di fatto il teletrasporto oggi lo abbiamo a portata di mano. Stiamo parlando della tecnologia della stampa 3D.
Invece di andare a comprare un oggetto, per poi ritirarlo oppure farcelo mandare, si compra il codice numerico per la stampa 3D, si va al centro di stampa più vicino e ce lo si fa stampare. Non importa quale sia il luogo geografico di origine dell’oggetto, vicino o lontano. Si può stampare di tutto. Dalle ossa alle protesi acustiche o dentarie, a membrane pericardiche su misura, pale per turbina, tessuti, qualunque cosa e su misura.
La stampa 3D, conosciuta anche come fabbricazione additiva (Additive Manufacturing) è il processo che consente la produzione di un oggetto solido tridimensionale partendo da un modello digitale. Si ha a che fare con una stampante, in realtà è un robot che, sotto controllo di un calcolatore elettronico, deposita strati successivi di materiale fino all’ottenimento dell’oggetto tridimensionale desiderato. Una novità epocale. Fino a oggi, si è prodotto asportando materiale da un blocco di partenza. Determinate forme erano semplicemente impossibili da produrre. Non è più così. Ci stiamo avvicinando rapidamente –secondo alcuni già ci siamo- al gomito della curva di crescita esponenziale della tecnologia e delle sue applicazioni. Non è stata una passeggiata. La prima macchina per la stampa 3D vede la luce nel 1984. Ci sono voluti trent’anni per arrivare ai dispositivi attuali. Fra poco troveranno spazio nelle nostre case. Più o meno quello che è accaduto con le stampanti su carta. C’erano una volta i centri stampa con fotocopiatrici che costavano una fortuna, grandi come un paio di lavatrici. Oggi una stampante laser a colori, nonché fotocopiatrice, fax e scanner, la si paga un paio di centinaia di euro e la si ha sulla scrivania. Sta accadendo la stessa cosa. Una stampante 3D che costava 20mila dollari oggi la si acquista per meno di mille. Il progetto open source Fab@Home ha sviluppato stampanti che costano queste cifre e ci si può fare di tutto, anche stampare da soli i cioccolatini a casa… di ottima qualità dice chi li ha assaggiati. La Peachy Printer, meno raffinata, ha un costo di circa 100 dollari. Andate a cercare in rete dove acquistarla.
La tendenza è inarrestabile. Sempre più materiali vengono utilizzati per stampare oggetti sempre più grandi. Dalla Cina è notizia di questi giorni la messa a punto di una macchina che consente di stampare oggetti con un diametro fino al metro e ottanta ed è stato annunciato un sistema che permette di stampare oggetti con un diametro fino a sei metri. In altre parole si potrà stampare l’intera scocca di un’automobile in un solo pezzo, senza saldature, senza lavorazioni aggiuntive. Non male, vero? Non c’è da stupirsi, sapendo che Pechino sta investendo 500 milioni di dollari per l’avvio di dieci istituti nazionali dedicati alle tecnologie della stampa 3D. Nel 2013 hanno stampato, con cellule viventi, pezzi di orecchie, fegati, reni. Non sono ancora funzionanti, ma nei prossimi dieci, forse venti anni, ci si arriva.
La stampa 3D elimina le economie di scala. Stampare un esemplare o migliaia non comporta sostanziali differenze di prezzo. Ha il potenziale di cambiare, anzi di sconvolgere, le regole del gioco della produzione industriale. Secondo alcuni ha lo stesso impatto della messa a punto della macchina a vapore alla fine del 1700, o della stampa a caratteri mobili nel 1450 o del transistor nel 1950. Ha tutte le caratteristiche di quelle che vengono denominate “tecnologie distruttive”, ovvero tecnologie che modificano in modo essenziale tutti i settori di attività economica. Breve elenco, non esaustivo, di dove viene utilizzata oggi: architettura, design industriale, automotive, aerospazio, ingegnerie varie, industria biomedicale –sono già stati eseguiti interventi di protesi, prima impossibili, per l’incapacità di fabbricare parti particolarmente complesse, come i bronchi ad esempio- farmaceutica, chimica, moda, calzature, gioielleria, occhiali, alimentare, arte.
Interessante notare che per anni si è assistito alla progressiva dematerializzazione delle produzioni. Oggi abbiamo a che fare con la loro rimaterializzazione, secondo criteri del tutto nuovi e problematiche originali. Se le stampanti 3D entrano nelle nostre case, come andrà a modificarsi la relazione fra posto di lavoro e domicilio? Se diventa sempre più facile inviare in formato elettronico gli oggetti, ovunque nel mondo, in modo quasi istantaneo, che accadrà alla logistica mondiale? Ha ancora senso parlare di mercati domestici? I dazi doganali sono destinati a morire? Come si gestirà il problema dei diritti di proprietà intellettuale?
Certamente il Capitano Kirk saprebbe rispondere…