Quarta verifica per l'esecutivo a Montecitorio: 344 voti favorevoli, 184 contrari. Via libera al primo capitolo del Jobs Act. Ncd e Scelta Civica: "Modifiche al Senato"
Via libera della Camera alla fiducia sul decreto legge lavoro con 344 voti favorevoli e 184 contrari. Domani (23 aprile) intorno alle 12 è previsto il voto finale del provvedimento. Il dl passerà quindi al Senato per la seconda lettura. Così dunque sono stati superati gli ostacoli di questi ultimi giorni in cui si era consumato lo scontro nella maggioranza tra Pd e Nuovo Centrodestra. Il governo non corre rischi, aveva assicurato Angelino Alfano, anche perché “sostenerlo significa mettersi dalla parte del Paese”. Lo stesso Renzi “sta rinnovando la sinistra, anche nei contenuti, lo si è visto sul decreto Lavoro in Commissione”, ha aggiunto Alfano, spiegando che le “resistenze” sono arrivate dalla sinistra del Pd. “Renzi – ha concluso – sta compiendo un grande sforzo”.
“Il testo del governo era un testo ottimo, i problemi sono arrivati dalla commissione Lavoro, dove ha votato solo il Pd con alcuni passaggi – i peggiori – votati anche da Forza Italia”, ha affermato in aula il deputato Ncd, Sergio Pizzolante. Ncd ha votato, molto criticamente, a favore. “Si è detto di no alla mediazione del governo che avrebbe consentito alle imprese di scegliere tra formazione pubblica e privata. Noi voteremo la fiducia perché il Pd ha rovinato solo una parte del decreto, che è comunque un passo avanti rispetto alla Fornero. Ma al Senato – conclude – lavoreremo per modificare questo decreto, figlio della cultura conservatrice di una parte del Partito democratico. Cosa succederà quando entreremo nel merito del Job Act? Alla Camera si sta ergendo un muro contro la linea blairiana del premier Renzi, che noi sosteniamo”.
Anche Scelta civica ha votato sì alla fiducia, ma “il testo è una parziale fallimento politico” ha affermato il capogruppo alla Camera, Andrea Romano. “Avremmo preferito che non si arrivasse al voto di fiducia sulla prima vera riforma economica varata da questa maggioranza”, dice il deputato nel corso delle dichiarazioni di voto. Il governo “non è riuscito a evitare il conflitto ideologico ed elettorale, che ha impedito il confronto che il decreto legge meritava”. Anche i montiani promettono modifiche al Senato.
Protestano i Cinque Stelle. “Renzi, il governo e la sua maggioranza continuano a trattare i lavoratori come merce da vendere o comprare. Mi chiedo cosa aspettiate a dotare i lavoratori di un codice a barre”. Detto fatto. Subito dopo aver sentito queste parole, pronunciate dal deputato Marco Baldassarre, i parlamentari del M5S hanno esibito un codice a barre sulla fronte, che subito il presidente di turno Simone Baldelli (Forza Italia) ha invitato i commessi in servizio d’aula a far rimuovere.
“Invece di correggere la riforma Fornero avete cambiato solo alcune regole”, dice in aula il deputato della Lega Nord Paolo Grimoldi, annunciando il voto contrario. “Alcuni cambiamenti apportati dal decreto originale erano addirittura condivisibili, solo che poi la commissione ha annacquato il provvedimento e per evitare spaccature ora si chiede il voto di fiducia. Si tratta di modifiche ideologiche, ancora oggi quando in commissione Lavoro si cita Marco Biagi ad alcuni del Pd viene la pelle d’oca”.