Grillo è un comico e sa perfettamente come mettere alla berlina i politici, prima di lui lo ha fatto Aristofane, il grande commediografo che con le sue opere ha denunciato e sbeffeggiato le malefatte dei governanti corrotti e incapaci dell’Atene del V secolo avanti Cristo. Le commedie di Aristofane, capolavori della letteratura classica, erano infarcite di parolacce, insulti, riferimenti sessuali e i potenti venivano presi in giro, oltre che per la loro inettitudine e per la loro demagogia anche per i loro difetti fisici, rappresentazione plastica della bruttezza e della volgarità della loro anima.
Dipingere gli attuali leader politici come degli zombie o dei morti che camminano e dare a loro dei nomignoli ridicoli – si pensi allo “Psiconano” riferito a Berlusconi o all’ “Ebetino” riferito a Renzi, o peggio, ai “Padri puttanieri” riferito a Bersani, D’Alema, Cicchitto, Berlusconi e Monti con il loro “chiagni e fotti”- significa farli scendere al gradino più basso, eleggerli sovrani dell’apparenza, predicatori del nulla, ciarlatani di professione, significa privarli di qualsiasi carisma, umanizzarli attribuendo loro i peggiori difetti della natura umana, renderli simili a venditori di fumo e commercianti di salsicce che tentano di spacciare per oro ciò che in realtà è soltanto latta.
A questo proposito non è difficile obiettare che nell’attuale panorama politico e intellettuale non si intravvedano molti profili paragonabili a quello di Socrate e che gli avversari oggi comunque non si “eliminano” costringendoli a bere la cicuta ma è innegabile la consapevolezza di Grillo nella sua opera di delegittimazione dei “sofisti” del nostro tempo.
Ricordo un episodio avvenuto in Sicilia nel maggio del 2002 in occasione della rappresentazione di una commedia di Aristofane al teatro di Siracusa. Il regista e maestro di teatro Luca Ronconi denunciò di aver subito forti pressioni da parte di Gianfranco Miccicché, responsabile di Forza Italia per la Sicilia affinché fossero rimosse dalla scenografia le tre caricature che rappresentavano Berlusconi, Bossi e Fini, allora alleati di governo, trasposizione in chiave moderna dei potenti contro i quali amava scagliarsi Aristofane. La vicenda si concluse con la rimozione delle tre caricature e con l’accusa di censura da parte di una classe politica che si era impropriamente intromessa in una scelta artistica con la minaccia più o meno velata di sospendere la rappresentazione. Un’ulteriore riprova, se mai ce ne fosse bisogno, di quanto la satira dia fastidio ai potenti che la subiscono perché è un’arma affilatissima nelle mani di chi la sa usare.