Un medico obiettore si rifiuta di assistere una paziente che ha assunto la pillola abortiva RU486. Non ci sono altri dottori in turno e la donna per farsi visitare è costretta a chiedere l’intervento della polizia. E’ l’episodio che imbarazza l’ospedale San Martino di Genova e ora a chiedere spiegazioni è la Regione Liguria. L’assessore alla salute Claudio Montaldo ha scritto al direttore generale Mauro Barabino e al direttore sanitario Alessandra Morando, chiedendo un intervento per una situazione di “assoluta gravità”. L’episodio risale al sabato di Pasqua scorso. Una giovane donna si presenta nella struttura, la più grande della Liguria. Assume la seconda dose del farmaco che provoca l’interruzione della gravidanza. Qualche ora dopo la paziente deve essere sottoposta ad una visita che accerti le sue condizioni di salute e ad un’ecografia prima che il medico ne disponga le dimissioni. In servizio, in turno di guardia, c’è un solo medico, il dottor Salvatore Felis. Obiettore di coscienza, non pratica interruzioni di gravidanza. Passano le ore e nessun sanitario si presenta a visitare la paziente, che attende sempre più nervosa, in corsia. La tensione sale. Alla fine, esasperata, la giovane si rivolge alla polizia. Quando gli agenti arrivano in ospedale, finalmente la “macchina” si rimette in moto. Secondo quanto riferito dalla donna, sono trascorse 19 ore dal momento del ricovero. Sono state undici e la metà riguardavano le pratiche abortive, ribattono all’ospedale.

Il ginecologo, Salvatore Felis, 57 anni, si difende: “La procedura abortiva comprende una serie di passaggi che si concludono con la visita medica e le dimissioni della paziente. Come obiettore di coscienza mi sono rifiutato di visitarla e quindi di dimetterla. A mezzogiorno e alle cinque del pomeriggio avevo avvertito entrambi i primari (la struttura è doppia, ndr) di trovare un sostituto. Il collega si è presentato alle sette della sera“. Duro l’assessore alla sanità Montalto: “Quanto avvenuto l’altro giorno nel reparto di ginecologia non c’entra nulla infatti con l’obiezione di coscienza, in quanto il medico avrebbe dovuto effettuare gli atti successivi all’interruzione della gravidanza che comportavano la verifica delle condizioni della ragazza e le sue dimissioni». Il dottor Felis però non ci sta: “L’assessore Montaldo non ha titolo a chiedere provvedimenti disciplinari nei miei confronti. Al massimo può domandare chiarimenti sull’episodio”. La direzione del San Martino intende aprire una procedura disciplinare che prevede una scala di sanzioni, nei casi più gravi la sospensione del medico dal servizio.

Il primario del reparto, il professor Claudio Gustavino (eletto senatore del Pd nel 2008, transitato nell’Alleanza per l’Italia e infine nell’UdC), ha ammesso di non essere intervenuto tempestivamente. Era al corrente della situazione. Riteneva che l’impasse si sarebbe risolto. “Il collega ha sbagliato. La visita non implicava alcuna pratica abortiva, si trattava soltanto di certificare, anche attraverso l’ecografia, la riuscita dell’intervento e di conseguenza, disporre le dimissioni della paziente. Mi trovavo in ospedale, e se fossi stato avvertito per tempo del problema, avrei provveduto di persona e si badi che anch’io sono un obiettore di coscienza”. Nei casi di aborto farmacologico il protocollo prevede che la paziente debba ricoverarsi e assumere la prima dose del farmaco. A distanza di due giorni, torna in ospedale e assume la seconda dose (prostagladine, la vera e propria pillola Ru486) somministrata in due tempi, a distanza di tre ore una dall’altra. “E’ esattamente ciò che è accaduto. – precisa Gustavino, parlando al fattoquotidiiano.it– La giovane ha preso la prima dose giovedì 17 aprile, è stata di nuovo ricoverata sabato mattina e ha assunto il farmaco alle 9 e alle 12, secondo quanto era prescritto sulla cartella medica. In seguito l’ho controllata personalmente. Il medico che l’ha compilata non è lo stesso che si è rifiutato di visitare la signora. Conosco Felis da tanti anni, abbiamo fatto i turi di notte insieme. Gli ho chiesto conto del suo comportamento, mi ha risposto che riteneva che anche la visita rientrasse nella procedura abortiva e come obiettore si è rifiutato di farla. Ma non parliamo di 19 ore di attesa. La signora è entrata in ospedale di buon mattino ed è stata dimessa, dopo la visita regolamentare, attorno alle otto di sera. In tutto è rimasta ricoverata undici ore”. Gustavino prende un impegno formale: “Per il futuro farò in modo che non accade più un evento simile. Organizzerò i turni in modo che vi sia una copertura totale anche e soprattutto nei periodi più difficili dell’anno, a Natale e a Pasqua”.

Gustavino dirige uno dei due reparti di ostetricia e ginecologia del San Martino, il reparto ospedaliero. La clinica universitaria è sotto la responsabilità dell’altro primario, Pierluigi Venturini. Nei due plessi operano venti ginecologi e soltanto cinque di loro non sono obiettori di coscienza. Nel reparto di Gustavino c’è un solo medico che pratica le interruzioni di gravidanza. Un organico nettamente sottodimensionato. Al San Martino nel 2013 sono stati eseguiti 459 aborti. L’aborto farmacologico, introdotto nel 2010, ha registrato 631 interventi. L’altro ospedale cittadino, il Galliera, fa capo alla Curia arcivescovile, ossia al cardinal Angelo Bagnasco che è anche il presidente del cda dell’ospedale. I medici non obiettori, nell’ospedale regalato ai genovesi dalla Duchessa di Galliera nel 1888, sono rari come le mosche bianche.

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