I 57 lavoratori dichiarati in esubero hanno protestato piantando croci davanti alla fabbrica in provincia di Piacenza e fingendosi morti. La protesta: "E' una scelta politica quella di chiudere. Vogliono spostarsi nei Paesi emergenti"
Non è bastata la manifestazione choc nei giorni scorsi dei 57 lavoratori dichiarati in esubero dalla Sandvik di San Polo di Podenzano (che diventeranno un’ottantina tenendo conto dell’indotto) per ottenere una risposta, dopo che la multinazionale svedese aveva annunciato di voler chiudere in provincia di Piacenza. Le croci blu davanti allo stabilimento sono ancora tutte ben piantate a terra ma di chiarimenti, per ora, neppure l’ombra. “L’azienda va bene, ha fatturato milioni di euro, il nostro distaccamento è tra i più produttivi visto che abbiamo ottenuto vari premi produzione, eppure vogliono chiudere” ha spiegato Giuseppe Ragone, membro del comitato aziendale europeo ed Rsu dello stabilimento nel Piacentino.
Ma non è una scelta inspiegabile, ha voluto sottolineare il rappresentante dei lavoratori: “E’ una scelta politica. Da almeno tre anni rappresentiamo un tassello strategico, produciamo per Sandvik stessa, per il marchio Impero e siamo altamente performanti. Portiamo a casa premi risultato, in controtendenza con il resto delle aziende della zona. E abbiamo realizzato performance economiche e prestazionali eccellenti. Ma si vede che non rappresentano più un buon motivo per rimanere aperti, però questa è una decisione politica”.
In buona sostanza, secondo quanto emerso anche dall’assemblea svoltasi in giornata, la multinazionale Sandvik Machining Solutions sta puntando a nuovi mercati e, per farlo, deve per forza di cose tagliare i “rami secchi”. E questi sembrano essere gli stabilimenti europei: “E’ il frutto di una strategia intrapresa agli inizi di settembre, con il mantenimento di solo 12 unità produttive in Europa e con lo spostamento del resto dei volumi produttivi nei paesi del BRICS, cioè i Paesi emergenti – ha detto Ragone – ed è stata scelta per ottimizzare gli impianti più grandi, chiudendo quelli piccoli. L’azienda punta, in particolare, a India, Cina e Brasile, dove hanno costi di manodopera più bassa e il mercato è in presunta crescita. Presunta perchè, ad ora, gli investimenti fatti non hanno dato gli esiti sperati. Hanno chiesto un piano di uscita a consulenti come McKinsey che gli hanno fatto un programma senza tenere conto delle persone”. A conferma di questa ricostruzione, in Gran Bretagna, la multinazionale svedese ha annunciato 141 esuberi in un altro stabilimento.
“La produzione – è l’unica spiegazione dell’azienda in una nota ufficiale – sarà trasferita ad altre unità produttive del gruppo. Il piano dell’azienda prevede un’ottimizzazione dei costi di produzione attraverso il consolidamento in un numero minore di impianti produttivi. L’analisi della capacità produttiva di Piacenza evidenzia un limite dato dalle dimensioni dell’impianto, da qui il piano di trasferire la produzione”. Secondo quanto annunciato da Sandvik, insomma, la chiusura definitiva dell’impianto piacentino è prevista per la fine del 2014, e riguarda tutta la forza lavoro.
Questo nonostante, hanno fatto sapere i dipendenti, il fatturato dello scorso anno solo dello stabilimento di San Polo di Podenzano sia stato di 8-9 milioni di euro e con proiezioni per quest’anno ancora maggiori e per 130 milioni di euro della loro area di produzione. E nonostante “la nostra richiesta come Cae (comitato aziendale, ndr) di avere informazioni preventive e una consultazione su certe decisioni, come prevede la direttiva europea 38 del 2009” ha detto il rappresentante dei dipendenti piacentini. “Per questo chiediamo sia congelata l’intera procedura di mobilità”.
“Riteniamo inaccettabile che si voglia chiudere una presenza sul territorio piacentino di uno stabilimento altamente performante di un’azienda leader nella produzione di utensili meccanici: chiediamo quindi che la procedura di mobilità sia immediatamente ritirata e si apra subito un tavolo di confronto tra azienda, rappresentanza dei lavoratori e istituzioni locali per promuovere un confronto attivo al fine di mettere in campo ogni sinergia pubblico/privato volta al mantenimento sul territorio dello stabilimento di Crocetta”. Questa la richiesta inviata dal presidente della Provincia Massimo Trespidi e dal sindaco di Podenzano Alessandro Ghisoni alla direzione generale Sandvik Italia che, nei giorni scorsi, “aveva manifestato la volontà di avviare una procedura di mobilità per i dipendenti”.
La nota ha fatto seguito a una precedente lettera inviata dalle amministrazioni provinciale e comunale nel mese di gennaio in cui si chiedeva un incontro con la società “per conoscere l’attuale realtà produttiva ed organizzativa dell’azienda e per mettere in campo ogni possibile eventuale potenziamento dell’attività. Senza aver mai ricevuto risposta a tale comunicazione – hanno precisato Trespidi e Ghisoni – siamo invece stati informati degli ultimi preoccupanti aggiornamenti: confidiamo adesso di poter fissare un incontro nello stabilimento”.
Ma ogni comunicazione, per ora, è interrotta e le lettere sono rimaste “carta straccia”. Per sbloccare la situazione intraprendere almeno un tavolo di confronto, è stato invitato per l’assemblea prevista per sabato alle 10.30 il sottosegretario all’Istruzione, Roberto Reggi, che il territorio lo conosce bene essendo stato per due mandati sindaco di Piacenza. Nel frattempo, i dipendenti dello stabilimento, rilevato dagli svedesi nel ‘95, hanno continuato lo stato di agitazione proclamato da una settimana. All’esterno della ditta di San Polo di Podenzano campeggiano ancora le 57croci blu. Una per ogni lavoratore. “Qualcuno pensa che sia la fine… In realtà questo è solo l’inizio. La lotta è dura ma non ci fa paura” hanno scritto i dipendenti sulla pagina Facebook aperta da qualche giorno per far conoscere a tutti la loro situazione.