Con queste motivazione l'accusa ha chiesto ai giudici di confermare le pene ridotte agli imputati per il rogo della notte tra il 5 e il 6 dicembre 2007, per il quale morirono sette operai. "I manager e i dirigenti chiamati a vario titolo a rispondere della morte dei sette operai nello stabilimento Thyssenkrupp di Torino facevano affidamento sulla capacità dei lavoratori di bloccare gli incendi che - dice il pg - quasi quotidianamente si verificavano"
C’è stata una “grandissima sconsideratezza” nella gestione dello stabilimento della Thyssen di Torino, ma non si è trattato di “omicidio volontario“. Con queste motivazione il pg di Cassazione Carlo Destro ha chiesto ai supremi giudici di confermare le pene ridotte agli imputati per il rogo della notte tra il 5 e il 6 dicembre 2007, per il quale morirono sette operai.
In primo grado la corte d’Assise aveva condannato l’ad Espehnhan a 16 anni e sei mesi di reclusione per omicidio volontario con dolo eventuale. Una vittoria per il pool dell’accusa, costituito dai pm Raffaele Guariniello, Laura Longo e Francesca Traverso della procura di Torino e per i familiari delle vittime, sempre presenti a ogni udienza. Al banco degli imputati, oltre all’amministratore delegato, c’erano anche Cosimo Cafueri, responsabile della sicurezza, Giuseppe Salerno, responsabile dello stabilimento torinese, Gerald Priegnitz, membro del comitato esecutivo dell’azienda, assieme a Marco Pucci, e un altro dirigente Daniele Moroni, accusati a vario titolo di omicidio e incendio colposi (con colpa cosciente) oltre che di omissione delle cautele antinfortunistiche. Secondo i giudici di primo grado fu una “scelta sciagurata” dell’ad “di azzerare ogni scelta di prevenzione”.
In secondo grado però la sentenza era stata ribaltata. Il primo marzo 2013 la corte d’Assise d’Appello ha stabilito che alla Thyssen non ci fu omicidio volontario riducendo a dieci anni la pena per Espehnhan, con riduzioni anche per gli altri imputati. Nelle motivazioni i magistrati scrissero che l’ad era stato “imprudente” ma che non c’era stato dolo.
Oggi il pg di Cassazione segue di fatto lo stesso solco. “I manager e i dirigenti chiamati a vario titolo a rispondere della morte dei sette operai nello stabilimento Thyssenkrupp di Torino facevano affidamento sulla capacità dei lavoratori di bloccare gli incendi che quasi quotidianamente si verificavano: chi agisce nella speranza di evitare un evento evidentemente, se l’evento si verifica, non può averlo voluto”. D’altro canto, riconosce il magistrato dell’accusa, c’è stata una “grandissima sconsideratezza” nella gestione dello stabilimento, dove “si è voluto continuare a produrre senza adeguate misure di sicurezza ma risparmiando quanto più possibile in vista dello smantellamento dell’impianto che sarebbe dovuto avvenire nel febbraio 2008, due mesi dopo il tragico rogo”.
I giudici si riuniranno in camera di Consiglio intorno alle 18. Davanti al palazzo della Cassazione una delegazione dei parenti delle vittime chiede giustizia. Nell’Aula di Piazza Cavour c’è anche Antonio Boccuzzi, sopravvissuto al rogo e diventato poi parlamentare Pd.
“In caso di conferma delle condanne gli imputati italiani sono pronti a costituirsi in base ad accordi già presi con la Procura di Torino. Per i due imputati tedeschi, invece, sarà necessario chiedere l’estradizione e prima la sentenza di condanna, nel caso sia emessa, dovrà essere delibata in Germania” ha detto l’avvocato Cesare Zaccone, legale della Thyssen, parlando a margine dell’udienza.