E’ merito dello storico e partigiano Claudio Pavone aver identificato, in una sua opera di ventitré anni fa, i tre aspetti simultanei della Resistenza: guerra di liberazione, guerra civile e guerra di classe. Certamente fu una guerra di liberazione o patriottica contro i nazisti e le loro marionette fasciste. Fu anche guerra civile, dolorosa e lacerante come ogni guerra di questo tipo, che comportò gravi problemi ai giovani nati ed educati durante il fascismo che si trovavano a combattere su fronti contrapposti e perdevano in molti casi la vita. Chi voglia leggere una cronaca veritiera di quegli anni terribili visti da un giovane che allora si trovava ad avere intorno ai vent’anni ed attraversò vari fronti, legga il libro di memorie di mio padre, Arnaldo Marcelli, dal titolo Vagabondaggio di guerra. Si tratta della cronaca quotidiana, al di là di ogni retorica, di quello che fu quel periodo. Denso di slanci eroici e di morti a volte inutili. Devo dire che mi ha insegnato molto più quel libro che tanti discorsi a volte vuoti.
Cosa ci resta della Resistenza, ad oramai quasi settant’anni di distanza da quei giorni? La guerra civile è definitivamente superata e occorre augurarsi che, come la guerra in genere, mai più ritorni, in Italia come altrove. La necessità di liberazione si ripropone oggi sotto altre forme come necessità di superare la subordinazione di tipo neocoloniale che sembra aver avuto luogo a vantaggio della finanza internazionale per effetto del modo dissennato di operare dell’Europa, ivi compresa l’unione monetaria. La lotta di classe in realtà non è mai cessata, solo che a combatterla è una parte sola, mentre l’altra si limita a prenderle, e di brutto.
Il lascito più importante di quegli anni e di coloro che persero la vita durante quella battaglia è tuttavia la Costituzione. Costituzione negli ultimi vent’anni attaccata da Berlusconi con annessi nani e ballerine, dalla JPMorgan e dal potere finanziario, da ultimo da Renzi, con i suoi progetti autoritari di soppressione del Senato e legge elettorale maggioritaria. Costituzione che ha sempre resistito agli attacchi di ogni genere, ma che resta ancora in buona parte inattuata e inapplicata.
In tante norme di dettaglio ma soprattutto nel suo fondamentale principio di eguaglianza sostanziale affermato dal secondo comma dell’art. 3 “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Un programma che, se preso sul serio, richiederebbe misure radicali su tanti piani, da quello fiscale a quello della regolamentazione dell’attività d’impresa a quello della promozione del diritto al lavoro. Del resto tutte previste da norme della Costituzione del pari inattuate come gli artt. 4, 41, 42, 43, 53, ecc.
E proprio all’attuazione della Costituzione repubblicana dovrebbe ispirarsi lo schieramento politico del futuro, l’unico che consentirebbe all’Italia e al suo popolo di uscire dalla palude stagnante nella quale si trova ora. Se anziché economisti mediocri e costantemente in errore avessimo seguito le indicazioni dei padri costituenti. Se la corruzione e la partitocrazia fossero state soffocate sul nascere. Se le caste, cosche e cricche fossero state messe in condizione di non nuocere. Se spese militari costantemente eccessive e subalternità totale agli alleati non avessero ispirato le politiche estera e di difesa.
Forze politiche in grado di realizzare questo programma ci sono. Penso a una sinistra rifondata, che comincia ora a delinearsi nella Lista Tsipras, e a un Movimento Cinque Stelle epurato di pessimi soggetti come quella capogruppo alla Camera che ebbe una volta a esaltare Mussolini.
Non si tratta di aspirazioni irrealizzabili. Chi lo pensa, se si fosse trovato a vivere i giorni della Resistenza, avrebbe scelto di rinchiudersi in cantina anziché di combattere. Sicuramente molti decisero di rinchiudersi in cantina. Ma dovremmo seguire sempre gli esempi dei migliori. Quelli che presero le armi e la strada della montagna e che oggi dobbiamo onorare seguendo il loro grande esempio democratico racchiuso nella Costituzione repubblicana.