Il dolo eventuale “si configura solo se l’agente prevede chiaramente la concreta, significativa possibilità di verificazione dell’evento e, ciò non ostante, si determina ad agire”. La Cassazione, a poche ore dal verdetto sul rogo della ThyssenKrupp contestato dai parenti delle sette operai morti, spiega in un documento il motivo per cui è stata decisa la conferma della sentenza di secondo grado che aveva ribaltato il verdetto di primo derubricando il reato da omicidio volontario a colposo. Decisione che i giudici di appello avevano motivato proprio con l’assenza del dolo ovvero della volontarietà. Visione diametralmente opposta ai magistrati di primo grado che invece avevano inflitto pesanti condanne sottolineando la “sciagurata scelta” dell’ad di “azzerare ogni intervento di prevenzione”. Era stata la procura di Torino a chiedere che venisse condannato per omicidio volontario, con la formula del dolo eventuale, l’ex amministratore delegato della multinazionale dell’acciaio Harald Espenhahn

La Corte non ha accolto la proposta, che peraltro era già stata bocciata dal procuratore generale. Per applicare il dolo eventuale – si legge nella nota della Cassazione – “occorre la rigorosa dimostrazione che l’agente si sia confrontato con la specifica categoria di evento che si è verificata. A tal fine è richiesto al giudice di cogliere e valutare analiticamente le caratteristiche della fattispecie, le peculiarità del fatto, lo sviluppo della condotta illecita al fine di ricostruire l’iter del processo decisionale”. 

“Nel nuovo processo d’appello chiederemo un aumento della pena per gli imputati” fa sapere da Torino, il pubblico ministero Raffaele Guariniello. E il conforto in questo senso arriva direttamente da Roma: “Con la decisione di ieri sera le responsabilità degli imputati per il rogo della Thyssen sono accertate ed, anzi, il rischio è che nel nuovo processo di appello le pene aumentino. È stato stabilito – riferiscono le stesse fonti della Casazione- che il reato di rimozione ed omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro (art.437 codice penale) non può essere assorbito negli altri reati come l’omicidio colposo e incendio ma deve essere considerato e punito come reato autonomo”. “Il rogo della Thyssen è un fatto di drammaticità senza precedenti e la Cassazione ha creato le condizioni di diritto perché nel nuovo processo d’appello possano essere inflitte agli imputati le pene in assoluto più alte che siano mai state irrogate per incidenti di questo tipo – spiegano fonti della Cassazione -. Abbiamo riconosciuto tutte le colpe configurabili e abbiamo detto che la rimozione delle cautele infortunistiche deve essere considerato come reato a sé stante. È la prima volta che questo succede. Dopo la decisione di ieri sera, che ha accertato le responsabilità degli imputati per il rogo della Thyssen, la prescrizione non decorre più e non c’è alcun rischio di ‘colpo di spugna. Ridando natura autonoma al reato di rimozione dolosa delle cautele contro gli infortuni (cp 437) abbiamo fatto un discorso ‘squisitamente tecnico’ che consentirà ai giudici dell’appello di riscrivere una sentenza inoppugnabile in caso di ricorsi alla Corte di Strasburgo”.

Intanto se per gli ermellini la morte degli operai non fu causata da un atto volontario c’è non sente neanche la responsabilità dell’omicidio colposo. Raffaele Salerno, che guidava lo stabilimento Thyssen al momento della tragedia del 2007, in una intervista a La Stampa protesta la sua innocenza: “Ma quale responsabilità. Io sono l’ottava vittima di questa storia. L’ottava. E mia moglie che è qui accanto a me, e che sta lottando contro il cancro, è la nona. Anche noi siamo vittime. Ma per noi non c’è pietà. E dire che io non ho fatto nulla di male. Nulla. Questa è tutta una montatura”. Salerno sostiene di essere dato in pasto ai parenti delle vittime: Che vergogna questa storia. Per come è stata gestita dai tribunali”, “sono disgustato”, dice il manager. “Sono stato consegnato in mano ai parenti di quelle persone morte e sono stato giudicato da loro. Ecco, hanno consegnato noi dirigenti. Ed è inevitabile che sia finita così, con questa condanna che mi porterà dritto in galera”. Una colpa, spiega, “ce l’ho. Quella di avere sempre lavorato dall’età dei 17 anni. E di essere rimasto in azienda nonostante potessi andare in pensione”. “Là dentro andava tutto benissimo”, dice a proposito della sicurezza in azienda. “Io sono stato condannato come se in Italia non ci fossero mai stati incidenti sul lavoro. Vuole sapere la verità?”. “Hanno perso di mira la Thyssen e ci hanno fatti a pezzi. La Thyssen era il male”.

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