Se il sistema bancario italiano attende col fiato sospeso gli esiti dei primi esami comunitari, non è che Berlino se la passi meglio. Niente a che vedere, questa volta, con le Sparkassen, le casse di risparmio pubbliche che non rientrano nell’Asset quality review della Bce. A far stare poco sereni è lo stato di salute di Deutsche Bank. Secondo le indiscrezioni di stampa, il gigante bancario tedesco avrebbe messo in cantiere un aumento di capitale da circa 5 miliardi di euro. Una somma che equivale da sola poco meno della metà delle ricapitalizzazioni bancarie in corso in Italia e che sta seminando il nervosismo tra gli investitori. Tanto più che secondo gli analisti di Mediobanca, che nei giorni scorsi hanno dedicato uno studio all’istituto, la posta in gioco non sarebbe di 5 bensì di 10 miliardi di euro.
Non è la prima volta, del resto, che trapelano dubbi sulla copertura patrimoniale di Deutsche Bank. Nel 2012, appena insediato, Anshu Jain – copresidente assieme a Juergen Fitschen – era stato costretto ad un aumento di capitale di tre miliardi proprio per mettere a tacere gli allarmismi. Motivo per cui si ritenevano scongiurate le stime pessimistiche sulla reale capacità dell’istituto tedesco di coprire le sue attività di rischio nel mercato finanziario. Per citare un dato, il coefficiente patrimoniale che secondo i criteri di Basilea III misura il rapporto tra capitale disponibile e capitale messo a rischio, è balzato durante la presidenza di Jain e Ftischen da poco meno del 6 al 9,7 per cento.
Tutto bene? Macché. In questi giorni, due autorevoli quotidiani economici, il Financial Times prima e il tedesco Handelsblatt poi, hanno ridato vigore ai motivi di preoccupazione per lo stato patrimoniale di Deutsche Bank. Indiscrezioni secondo le quali nel colosso tedesco si starebbe discutendo di probabili aumenti di capitale e, per di più, in concomitanza con la presentazione dei risultati del primo trimestre 2014 prevista per martedì. Il riaffiorare delle ipotesi peggiori sulla solidità finanziaria della banca, dopo essere state a lungo negate, ha gettato lo scompiglio negli investitori.
Jain, finora, ha sempre categoricamente escluso la necessità di un aumento di capitale e difeso la redditività degli investimenti azionari del proprio istituto. Il problema, però, è che le quote massicce di titoli detenute da Deutsche Bank nel mercato globale rappresentano un serio rischio di esposizione finanziaria, perlomeno secondo i parametri comunitari che le banche saranno tenute a rispettare in futuro. È vero che attualmente il già citato coefficiente patrimoniale rispetto alle attività di rischio è vicino all’obiettivo del dieci per cento, ma potrebbe calare per via delle nuove regole che l’Unione Europea si è data in materia di vigilanza bancaria. A conti fatti potrebbero mancare 2,2 miliardi euro per raggiungere la quota di capitale necessaria a Deutsche Bank per coprire adeguatamente i rischi connessi ai titoli finanziari che ha in pancia. E questo potrebbe far scendere il coefficiente patrimoniale al 9,2 – troppo poco per una banca di investimenti, avvertono gli analisti. Per correre ai ripari i vertici avrebbero appunto deciso di battere cassa presso i suoi grandi azionisti.
Riguardo all’attività del primo trimestre 2014 si prevedono guadagni nettamente inferiori rispetto all’anno scorso. Gli utili, sempre secondo le stime degli analisti, sarebbero crollati di un terzo, attestandosi intorno a quota 1,6 miliardi di euro. Anche per altri giganti bancari le cose non vanno meglio. La principale rivale, la britannica Barclays, ha annunciato il taglio di 1.700 posti di lavoro. Non è escluso che Deutsche Bank possa annunciare un piano simile in attesa degli stress test Ue.