Economia

Bitcoin, frodi e barricate di Cina, Usa e Giappone non frenano la criptovaluta

Non ci sono segni di cedimento neanche dopo la bancarotta di Mt.Gox: oltre 2 milioni e mezzo di persone nel mondo usano la moneta virtuale che ha sempre più concorrenti

La Cina ha dichiarato guerra ai Bitcoin pretendendo la chiusura degli account che commerciano in moneta virtuale. Gli Stati Uniti li hanno messi spalle al muro utilizzando l’arma fiscale. In Giappone 
Mt.Gox, la principale piattaforma di scambio, non è riuscita a evitare il fallimento. Eppure oltre 2 milioni e mezzo di persone nel mondo, o forse perfino di più, continuano a scommettere sulla moneta virtuale che dal 2009 permette di comprare e vendere online. E il suo utilizzo risulta in aumento. Per alcuni è la terza rivoluzione digitale, dopo il computer e internet, che permetterà di fare a meno delle banche mettendo in ginocchio il mondo della finanza. Per altri è soltanto l’ultima trovata di un gruppo di informatici disadattati che si diverte a giocare con algoritmi e formule matematiche. Di sicuro per i Bitcoin è arrivato il momento della verità. L’ultimo duro colpo lo hanno incassato a metà aprile, quando il portale Mt.Gox, finito in bancarotta dopo avere subito un furto che ha svuotato i conti dei “correntisti” di circa 350 milioni di dollari, ha abbandonato i piani di rilancio nell’ambito dell’amministrazione controllata e ha concordato con il tribunale di Tokyo di procedere verso la liquidazione.

Le minacce di Pechino e il nodo della tassazione
 – Inevitabile il riflesso sulle quotazioni: se ai primi di febbraio un Bitcoin veniva scambiato a mille dollari, ora il valore è sceso sotto i 500. Ad affossare il prezzo della moneta ha sicuramente contribuito l’ennesima minaccia di Pechino contro le criptovalute. La banca centrale cinese ha diffuso una nota in cui chiedeva a banche e società di pagamento online di “chiudere tutti gli account che commerciano in moneta virtuale entro il 15 aprile”, individuando 15 siti che “se non chiuderanno i battenti al più presto saranno puniti”.

 L’altro nodo, non trascurabile, è quello fiscale. Il fisco giapponese ha deciso che la criptovaluta va considerata una proprietà e non una moneta. Questo significa che dev’essere soggetta a tassazione. Washington è quindi intenzionata a seguire la stessa strada.

Boom dei bancomat per Bitcoin -

 Nonostante le difficoltà, tuttavia, la diffusione dei Bitcoin continua: oltre 2 milioni e mezzo di persone nel mondo, secondo l’aggregatore di notizie online Business Insider, possiedono la criptomoneta, ma alcune stime parlano di numeri molto maggiori. Per farsi una idea, l’agenzia di rating Fitch ha confrontato il numero di transazioni quotidiane effettuate a febbraio con Bitcoin e con i servizi di pagamento offerti da PayPal: 68 milioni contro 492.

 I numeri sono ancora limitati, ma il fenomeno è in crescita. La conferma arriva dal boom in tutto il mondo dei bancomat per acquistare e vendere Bitcoin, che permettono a chiunque di aprire un portafogli virtuale e iniziare a scambiare moneta. All’utente, nel rispetto delle leggi contro il riciclaggio di denaro e per la protezione dei consumatori, viene chiesto il numero di telefono, un documento di identità e la scansione del palmo della mano. Leader del settore è la società di Las Vegas Robocoin, che ha installato il primo Bitcoin-bancomat alla fine del 2013. Da allora ne ha aperti due in Canada, quattro in Texas e uno nel cuore della Silicon Valley, a Mountain View, a due passi dalla sede di Google. Gli sportelli automatici per Bitcoin hanno anche raggiunto l’Australia, a Sidney, e l’Italia, a Roma. E non finisce qui: Robocoin prevede di installarne un centinaio a breve in tutto il mondo, puntando soprattutto su Europa e Asia.

Il successo dei Bitcoin ha convinto molte aziende a cavalcare il fenomeno per evitare di restare indietro. Nelle ultime settimane tre diversi sistemi di pagamento online, tra cui Square, hanno aperto all’uso dei Bitcoin. E perfino eBay, che utilizza PayPal, uno dei servizi più minacciati dalla diffusione delle criptovalute, ha aperto una sezione dedicata esclusivamente alle monete digitali, anche se non è ancora possibile utilizzare il denaro virtuale per fare acquisti sul portale di e-commerce.

I rischi: estrema volatilità e riciclaggio di denaro

 – Non mancano, però, gli svantaggi. Prima di tutto l’estrema volatilità, che tiene alla larga molti investitori tradizionali. Le fluttuazioni di prezzo sono incredibili: da meno di 20 dollari per un Bitcoin a inizio 2013 a un massimo di 1.203 dollari a dicembre 2013. I sostenitori della moneta virtuale sostengono che il prezzo si stabilizzerà man mano che sempre più gente utilizzerà i Bitcoin, ma per ora è un vero ostacolo alla diffusione.

 Lo svantaggio maggiore, però, è la promessa dell’anonimato, che rende la criptovaluta attraente per transazioni illecite come l’acquisto di stupefacenti o armi online senza paura di essere rintracciati. L’anonimato è l’ideale anche per chi deve riciclare denaro proveniente da attività illecite, occultandone l’origine. La struttura decentrata della criptovaluta rende infatti difficile l’attività di vigilanza: uno Stato non può ordinare a Bitcoin di segnalare le transazioni sospette, perché è una rete composta in gran parte da utenti anonimi. 

Non c’è da stupirsi, quindi, se diversi Paesi hanno messo al bando i Bitcoin perché li ritengono troppo pericolosi: da Mosca, che sta preparando un giro di vite contro ogni tipo di criptovaluta, a Thailandia e Islanda, che hanno dichiarato illegale il loro utilizzo anche se nessuno sembra intenzionato a fare rispettare il divieto. Fermamente schierata contro la moneta virtuale è anche la Cina, che è comunque considerata il secondo mercato al mondo per i Bitcoin dopo gli Stati Uniti. Un discorso a parte riguarda la più libera Hong Kong, che sembra destinata ad assorbire parte del mercato cinese ed è sulla buona strada per diventare la capitale asiatica dei Bitcoin. L’ex colonia britannica è di fronte a un vero boom della valuta virtuale e sta per aprire i primi bancomat.



Avanzano i nuovi concorrenti – A ostacolare la diffusione dei Bitcoin è anche la nascita di nuovi concorrenti. I più pericolosi sono i Litecoin, creati nel 2011, che utilizzano un sistema di calcolo più semplice e leggero, e quindi capace di assicurare costi minori e più velocità nelle transazioni rispetto ai Bitcoin. Per questo motivo, secondo alcuni esperti, il 2014 potrebbe essere l’anno del sorpasso dei Litecoin sui Bitcoin, visto che il valore della nuova moneta è ancora molto basso.
 L’ultima arrivata, tra le criptovalute, è invece il Dogecoin, molto simile al Bitcoin, mentre lo Zerocoin promette un livello di anonimato più alto.