L'uomo sta scontando l’ergastolo per l'omicidio, commesso nel 1988, della skipper Annarita Curina con la complicità dell’amante olandese Diana Beyer. Nel 2007 era fuggito anche dal carcere di Opera
E’ ufficialmente latitante, per la seconda volta, Filippo “Pippo” De Cristofaro, l’uomo condannato all’ergastolo per l’omicidio di Annarita Curina, in quello che venne ribattezzato il delitto del catamarano. L’uomo non si è presentato dopo i tre giorni di permesso premio che gli avevano fatto trascorrere fuori dal carcere di Livorno le giornate pasquali. Pippo De Cristofaro fu il protagonista nel 1988, insieme a Diana Bayer, bionda olandese minorenne, della morte della trentaquattrenne skipper pesarese che stava effettuando un trasferimento del suo catamarano nelle acque del Mediterraneo.
Il 28 giugno un peschereccio, nelle acque antistanti Senigallia, raccolse nelle reti il cadavere di una donna poi identificata in Annarita Curina, 34 anni, salpata il 10 giugno da Pesaro con destinazione le isole Baleari. Dai primi di luglio gli investigatori iniziarono una caccia al catamarano, allora barca poco in uso tra i diportisti, che per settimane sembrò essere sparita nel nulla. Si seppe da subito che la donna era salpata dalla cittadina marchigiana insieme a due persone: un uomo di origini milanesi e una giovane nordica. Tra segnalazioni più o meno attendibili e ricerche degli inquirenti, la fuga della coppia e di Pieter Groenendijk, conterraneo della Bayer salito sul catamarano ad Ancona e poi riconosciuto estraneo all’omicidio, si interruppe 60 giorni dopo in Tunisia dove vennero tutti arrestati.
Solo allora la polizia giudiziaria e i magistrati riuscirono a ricostruire la vicenda confusa ulteriormente dal fatto che la Bayer e De Cristofaro si rimpallarono in aule le loro responsabilità. Alla fine la versione reputata più credibile fu quella della giovane olandese che se la cavò con una condanna del Tribunale dei Minori di Ancona a 6 anni e 6 mesi. Una pena che, alla fine, significò soltanto 15 mesi di carcere e un breve affidamento ai servizi sociali.
Andò molto peggio a Pippo De Cristofaro che, in condanna definitiva, si trovò condannato all’ergastolo. Una pena che avrebbe potuto cominciare a scontare all’esterno se nel 2007 non avesse tentato una prima fuga dal carcere milanese di Opera, anche in quell’occasione non facendo rientro dopo un permesso premio. Un mese dopo, lo stesso investigatore che lo rintracciò in Tunisia, lo fece individuare a Utrecht dove risiede ancora Diana, ormai donna che si è ricreata una vita con marito e figli. Anche per questo l’avvocato marina Magistralli, legale di Diana, l’ha subito avvertita dell’evasione. “Ho ancora molta paura di lui – ha detto la donna – . Non lo sento da 26 anni, e mi chiedo come sia potuto accadere che Filippo sia evaso di nuovo, per la seconda volta. Mi sembra una cosa sconcertante”.
Comportamenti davvero senza spiegazioni quello di De Cristofaro che, a poco tempo dal traguardo della semilibertà, per la seconda volta, si è dato alla fuga con la certezza di perdere tutte le attenuanti al regime carcerario del caso. Ma in linea assolutamente con il soggetto. Già ai tempi del processo era apparso instabile e dalla personalità ondivaga. Da un lato uomo innamorato della giovane avvenente olandese, dall’altro scaltro difensore di se stesso. Fu lui che indicò nella gelosia della Bayer il motivo dell’omicidio che poi i magistrati motivarono con la speranza della coppia di fuggire verso mari lontani con il catamarano. Una motivazione che ha sempre lasciato molti dubbi vista la scarsa capacità dei due di manovrare un 10 metri di catamarano non certo facile da gestire in navigazione.
L’unica certezza fu che Annarita Curina venne uccisa a poche ore dalla partenza dal porto di Pesaro con la complicità di entrambi. Prima Diana tentò di addormentarla facendole bere una intera boccetta di calmante e sferzandole alcune coltellate al fianco. Pippo De Cristofaro, invece, accortosi che la donna era ancora viva, la finì brutalmente con tre colpi di macete, legò il corpo ad una pesante àncora e la getto in mare. Lo stesso mare che riconsegnò il cadavere imbrigliato nelle reti di un peschereccio 18 giorni dopo.
di Anna Maria Gabrielli