Marcello Dell’Utri resta detenuto: il tribunale del Riesame di Palermo ha infatti respinto il ricorso contro l’ordinanza di custodia cautelare. A chiedere il rilascio dell’ex senatore del Pdl erano stati i suoi legali, gli avvocati Giuseppe Di Peri e Massimo Krogh, che avevano impugnato l’ordine di arresto spiccato dai giudici della Corte d’Appello di Palermo l’8 aprile scorso. “È del tutto indimostrata la circostanza secondo cui Marcello Dell’Utri sarebbe stato inviato a Beirut su preciso incarico, al fine di svolgere attività di supporto politico e/o professionale” scrivono i giudici del riesame, smentendo di fatto quanto dichiarato da Silvio Berlusconi, nelle ore successive all’arresto dell’ex senatore in Libano, dove era stato rintracciato dall’intelligence libanese all’hotel Phoenicia la mattina del 12 aprile.
“Marcello era partito perché Vladimir Putin mi ha chiesto di sostenere la campagna elettorale di Amin Gemayel”, aveva detto Berlusconi, prima di essere smentito poche ore dopo dal diretto interessato. “La notizia è destituita di qualsiasi fondamento sotto tutti gli aspetti”, replicava l’ufficio stampa del partito Falangi, guidato da Gemayel. Adesso però a smentire l’ex Cavaliere arrivano anche i magistrati palermitani: Dell’Utri non era in Libano per incarichi politici ricevuti da Berlusconi, ma per scappare in previsione di una possibile condanna definitiva. “Emerge amplissima – continuano i magistrati del Riesame – la sussistenza della eccezionale portata delle ravvisate esigenze cautelari che a fronte di una programmata e dunque deliberata volontà di fuga consentono di ritenere le esigenze cautelari di un non comune, spiccatissimo e allarmante rilievo tale da superare il divieto di custodia cautelare per gli ultrasettantenni”.
Nelle motivazioni con cui i magistrati del riesame confermano la custodia cautelare per Dell’Utri, sono ricostruite tutte le tappe della latitanza del fondatore di Forza Italia. Essendo operativi voli diretti per Beirut da Milano Malpensa –spiegano i magistrati- il transito di Dell’Utri allo scalo parigino indubitabilmente non poteva che essere finalizzato a eludere, in territorio nazionale, le procedure di controllo passaporti, cui sarebbe stato sottoposto se avesse utilizzato il volo diretto Milano-Beirut trattandosi di rotta esterna all’area Schengen e tanto appare logicamente e praticamente incompatibile con un ‘normale’ e transitorio allontanamento dal territorio nazionale a meno che non si volessero ipotizzare, ma questo è un paradosso a dir poco offensivo di una normale intelligenza, necessità economiche connesse a risparmiare sul costo dei biglietti, circostanza per altro smentita dal prezzo, certamente non lieve, realmente pagato, di 1.728,89 euro”.
La richiesta di arresto per Dell’Utri era già stata avanzata dal sostituto pg Luigi Patronaggio il 25 aprile 2013, a poche ore dalla sentenza della corte d’Appello palermitana, che aveva condannato il fondatore di Forza Italia a sette anni di carcere per concorso esterno a Cosa Nostra. In quel caso però per i magistrati non esisteva alcun pericolo di fuga e l’ex senatore era rimasto a piede libero. Decisione opposta sarebbe invece stata presa un anno dopo, a pochissimi giorni dalla sentenza della Corte di Cassazione, che avrebbe potuto mettere il bollo sulla condanna a sette anni per l’ex senatore. Gli agenti della Dia però non hanno potuto notificare a Dell’Utri l’ordine di custodia cautelare: il fondatore di Forza Italia aveva infatti già lasciato l’Italia, destinazione Beirut, in Libano.
Un piano di fuga già rivelato da Alberto Dell’Utri, gemello dell’ex presidente di Pubblitalia, che in un’intercettazione ambientale racconta all’amico Vincenzo Mancuso l’imminente progetto di latitanza del fratello. Una latitanza lampo dato che Dell’Utri è rimasto a piede libero soltanto poche ore: dopo alcuni giorni trascorsi negli uffici dei servizi d’intelligence in Libano, adesso l’ex senatore si trova ricoverato in ospedale a causa di problemi di salute, guardato a vista dagli agenti di polizia locale. Dell’Utri rimarrà quindi agli arresti sicuramente fino al 9 maggio prossimo, data in cui la Cassazione si esprimerà sulla sua condanna dopo che il 15 aprile scorso, l’udienza degli ermellini era stata rinviata a causa dell’assenza per motivi di salute di entrambi i legali dell’ex senatore.
Nel frattempo sull’asse Roma – Beirut continuano le pratiche per l’estradizione: in via Arenula il ministero della Giustizia sta facendo tradurre in francese le motivazioni delle sentenze di condanna di Dell’Utri, così come previsto dal trattato che disciplina i rapporti tra Italia e Libano. Lo stesso trattato che indica in trenta giorni il limite massimo della custodia cautelare in attesa di estradizione: in pratica Dell’Utri potrebbe tornare libero il prossimo 12 maggio anche nel caso in cui la condanna a sette anni diventasse nel frattempo definitiva. Nonostante il riesame abbia confermato l’arresto, quindi, la corsa contro il tempo per ottenere l’estradizione del fondatore di Forza Italia continua.
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