l nostro giovane governante, alle prese con i tagli a qualunque stipendio o bilancio gli capiti a tiro, come il geniale ragazzino Hugo Cabret con i complicati meccanismi di mostruosi orologi nel film di Scorsese, ha avuto una trovata in più.

È una parola che rende rapide e gentili le privazioni più gravi a carico dei cittadini, una parola che potrebbe essere il titolo di una poesia di Totò (ricordate La livella?) di una commedia di De Filippo, tipo Ha da passà a nuttata, o di un film di Dino Risi, come Il sorpasso. Renzi è l’autore de “La sforbiciata”, un evento per metà contabile e per metà avventuroso, con un aspetto tranquillizzante (che sarà mai?) e uno ansiogeno (sì, ma quanto mi tolgono?). La parola “sforbiciata” fa in modo che invece di un colpo di maglio improvviso, ti arrivi un annuncio che ti consente di prepararti. E un poco anche di sperare. Non sempre le sforbiciate sono letali, e hai tutto il tempo di presentare le tue ragioni. A nessuno, naturalmente, perché tutto avviene altrove e senza appello, e non puoi certo scrivere al tuo deputato, come fanno i cittadini americani quando si sentono coinvolti in una ingiustizia. Là il deputato, una volta eletto, può dissentire liberamente dal suo partito, il senatore resta senatore (termine del mandato: sei anni) e tutti e due sono liberi di dire no persino al presidente. Qui il giovane Renzi e il suo amministratore Padoan decidono da soli per il nostro bene, danno istruzioni alla Camera e, per accorciare i tempi e semplificare, aboliscono il Senato.

Per tutto questo la “password” è “sforbiciata”. Ai media, e soprattutto ai lanci dei telegiornali, la parola è piaciuta moltissimo, viene ripetuta continuamente, perché le sforbiciate piovono e si ripetono. Però pensate quante cose contiene quella sola parola, sforbiciata: la giovinezza di Renzi, il privilegio di non essere una “manovra”, una certa implicita garanzia di non calcare la mano, un tocco di leggerezza e di rapidità indolore. O forse non proprio indolore, ma certamente egualitaria, senza margini per favorire o lasciare fuori qualcuno in ognuno dei gruppi raggiunti dal vento pieno e giovane delle cose che cambiano. E qui vi chiedono di aggiungere, oltre alla rinuncia provocata dalla sforbiciata, l’esclamazione “finalmente!”.

La parola, ormai, è troppo importante e occorre tentare di darne una definizione, o almeno una descrizione un po ’ più precisa. Ecco alcune proposte. Primo. La sforbiciata implica un di più di cui si può fare a meno. Ma la parola è allo stesso tempo ferma e gentile, una cosa che facciamo tra noi, senza imposizioni, perché è necessaria, ed è un bene per tutti. Secondo. La sforbiciata è l’audacia di fare qualcosa che interrompe ogni routine e ogni precedente abitudine. Ha dunque in sé un che di nuovo, porta un messaggio di innovazione, che arriva forte e chiaro a chi non è toccato da quella sforbiciata, e fa sentire gli sforbiciati come un gruppo isolato che fa bene a non farsi notare con la protesta. Terzo. È un modo di ottenere un risultato utile, a volte importante, senza alterare la cosa che subisce la sforbiciata. Dunque non cambia nulla, salvo un sacrificio che ciascun sforbiciato farà bene a subire con dignità e consapevolezza del vantaggio comune. Quarto. La sforbiciata, specialmente con l’incalzare di un continuo susseguirsi di nuove sforbiciate, è la conferma che niente e nessuno è sacro, e che non ci sono esentati. È molto importante, a questo proposito, che i settori sforbiciati (sconsigliato dire “colpiti”) mostrino accettazione piuttosto che offesa per non aggiungere al sacrificio una cattiva immagine. Nessuno lo dice, ma la sforbiciata è pensata in modo che chi la subisce debba unirsi alla celebrazione e non al cordoglio, perché è l’unico modo di dimostrare che si può contare su di te in caso di bisogno. Quinto. La sforbiciata è una rassicurazione a chi teme il peggio. Infatti ognuna di queste decisioni “è solo una sforbiciata”. O questo finisce per essere il senso.

La sforbiciata è dunque una notevole trovata di governo, disinvolta, sfacciata, un po ’ prepotente con una certa incoscienza da gente giovane. La parola rende relativamente leggera e non troppo allarmante la decisione, mantenendo comunque un che di improvvisato e di temporaneo al taglio che si deve fare, e dunque al sacrificio che ne consegue. La persona di governo che decide non cerca assenso, ma apprezza un consenso a cose fatte, che di solito ottiene con la riserva di definire “difesa del privilegio” qualunque dissenso. Sforbiciata è una parola bonaria che scansa la discussione, evita il confronto (tipo “si poteva fare in un altro modo?”) e consente di governare senza chiacchiere, alla svelta. Dunque “sforbiciata” è la parola che rappresenta di più (e racchiude e descrive meglio) il momento politico che stiamo vivendo.

il Fatto Quotidiano, 27 Aprile 2014

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