Congelamento dei beni per 17 società e sette persone vicine a Putin. Tra loro c'è anche l'ad di Rosneft, compagnia petrolifera di proprietà in maggioranza del governo russo. Le misure arrivano dopo il mancato sostegno da parte della Russia per l’accordo internazionale raggiunto a Ginevra
Per Putin arrivano nuove sanzioni dagli Stati Uniti, ma la Russia non rimane a guardare e annuncia che risponderà alle misure. Riguardano sette funzionari dell’esecutivo di Mosca, spiega il portavoce della Casa Bianca Jay Carney, “tra cui due membri della più stretta cerchia del presidente, che saranno soggetti al bando sui visti e al congelamento dei beni“, proprio come 17 società “collegate al circolo ristretto di Putin”. In più l’Unione Europea aggiungerà altri 15 funzionari alla lista. Mosca, per voce del viceministro degli esteri russo Serghiei Riabkov, annuncia che la Russia risponderà alle sanzioni, visto che ci sono gli spazi per farlo. In più, aggiunge, gli Usa hanno perso il senso della realtà e la dichiarazione di Carney è ripugnante. Interviene a sostegno del Cremlino la Cina che ribadisce la sua ferma “opposizione a minacce e sanzioni nelle relazioni internazionali”, e chiede di risolvere la crisi ucraina attraverso il dialogo. “Noi – ha detto il portavoce del ministero degli esteri di Pechino Qin Gang – crediamo che le sanzioni non contribuiscano alla soluzione dei problemi. Al contrario, aumentano le tensioni”.
La Casa Bianca, in una nota, spiega che per 13 delle 17 società sottoposte a sanzioni, il dipartimento del Commercio imporrà una richiesta di autorizzazione tesa a negare la possibilità di “esportare, reimportare o sottoporre ad altri trasferimenti stranieri verso queste compagnie prodotti provenienti dagli Stati Uniti“. In particolare gli Usa oggi hanno adottato una “politica più severa per rifiutare ogni richiesta di esportazione di prodotti high tech che potrebbero contribuire alle capacità militari della Russia”. Questi dipartimenti – aggiunge la nota “revocheranno ogni licenza già esistente in questo senso”.
Colpito lo “zar” del petrolio di Putin – Fra le sette personalità russe colpite dalle nuove sanzioni americane ci sono Igor Sechin, “zar” del petrolio di Vladimir Putin, presidente della compagnia di stato Rosneft e, in Italia, socio dei Moratti e di Tronchetti Provera. il vice premier e inviato del governo russo per la Crimea Dmitry Kozak (già responsabile dell’organizzazione dei giochi di Sochi), il presidente della commissione esteri della Duma, Alexei Pushkov e il primo vice capo dello staff del Cremlino considerato come lo stratega di Putin dalla sua campagna elettorale per le presidenziali del 2012, Vyacheslav Volodin. Inserito nella lista anche il ‘ceo’ di Rostec (una agenzia che raggruppa compagnie che si occupano di alta tecnologia) Sergei Chemezov, che è anche nel consiglio supremo del partito al potere di Russia Unita.
Oltre a loro, sono citati nell’elenco del dipartimento del tesoro degli Stati Uniti diffuso oggi, l’inviato del Cremlino per la Crimea, l’esponente del Consiglio di sicurezza nazionale Oleg Belavencev, e il generale Evgheny Murov, direttore del servizio federale per la protezione del presidente (l’equivalente del ‘sercret service americano). Le società colpite dalle nuove misure restrittive non sono note al grande pubblico. Nel documento dell’amministrazione americana non c’è alcuna spiegazione, contrariamente a quanto accaduto nel precedente elenco di sanzioni, dove si citavano i legami di Putin con la Gunvor e il ruolo della Bank Rossiya. Undici delle società citate oggi farebbero capo a Gennadi Timchenko, un paio ai fratelli Boris e Arkadi Rotenberg e tre a Yuri Kovalchuk considerato come il banchiere del Cremlino, tutti e tre già colpiti dalle precedenti misure. L’elenco include Acquanika (nota anche come Rosskoye Vremya), il gruppo Avia, Avia Group Nord, Cjsc Zest, Investcapitalbank, Jsb Sobinbank, Sakhatrans, Spm, Stroygazmontazh, Stroytransgaz Group, Stroytransgaz Holding, Stroytransgaz LLC e Stroytransgaz OJSC, Stroytransgaz-M LLC, Abros, Transoil e Volga Group.
Scontri in Ucraina orientale – Alla partita diplomatica si aggiungono le tensioni che non accennano a diminuire nell’Ucraina orientale. Una sparatoria è avvenuta questa mattina nell’aeroporto di Kramatorsk, nella regione di Donetsk, tra i miliziani filorussi e le truppe di Kiev che presidiano lo scalo. Due agenti delle forze di sicurezza sono rimasti feriti. Nella stessa regione, a 160 chilometri dal confine russo, un gruppo di uomini armati di mitra, in mimetica e a volto coperto, ha preso possesso, oltre che del commissariato, anche del municipio di Kostiantinivka (Kostantinovka in russo, ndr). Il palazzo ospita il comune e l’amministrazione cittadina. Un fotografo di Associated Press ha visto circa 15 uomini armati a guardia del palazzo. Alcuni indossavano i nastri di San Giorgio, un simbolo del movimento filorusso. A riferirlo è il sito del municipio della città, secondo cui gli autori del blitz stanno costruendo barricate. Nella città di Kharkiv, sempre nell’Ucraina orientale, la polizia ha arrestato 15 filorussi per aver partecipato ieri ad una manifestazione non autorizzata nella piazza della libertà. I manifestanti avevano piantato tende, costruito recinzioni di legno e sabbia e acceso fuochi. Nel corso dell’operazione, gli agenti hanno sequestrato loro una cassa di molotov, maschere, bastoni di legno e confezioni esplosive.
Gli attivisti di Euromaidan scrivono su Twitter che nella città filorussa di Charkiv, il sindaco Hennady Kernes è stato ferito con un colpo di arma alla schiena. È stato ricoverato in ospedale in gravi condizioni e sottoposto a un intervento chirurgico. Kernes, alla guida della città dal 2010, si era schierato contro le proteste di Maidan sostenendo pienamente l’allora presidente Yanukovich. Poi, dopo la sua fuga in Russia, si era detto disponibile a collaborare con le nuove autorità di Kiev “per il bene dei suoi cittadini”. Nella sua città non c’è più alcun edificio occupato da filorussi.
Gas, Ucraina firma accordo con Slovacchia – La Slovacchia ha firmato un accordo per la fornitura di gas naturale all’Ucraina, in base al quale Bratislava invierà gas nell’ex repubblica sovietica attraverso un gasdotto in disuso che la attraversa. Il memorandum di intesa firmato dalla compagnia slovacca Eustream e da quella ucraina Ukrtransgaz rappresenta per Kiev un altro passo verso la riduzione della propria dipendenza dalle forniture russe. Tramite il gasdotto, ha affermato il primo ministro slovacco Robert Fico, l’Ucraina potrà ricevere fino a nove miliardi di metri cubi di gas all’anno, pari a circa un quinto del proprio fabbisogno. La decisione è stata accolta con favore dalla Commissione europea. “Si tratta di un importante primo passo per la diversificazione delle forniture di gas all’Ucraina, che contribuisce a creare una maggiore sicurezza sull’energia in est Europa e nel continente in generale”, ha detto il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso, presente alla firma insieme con Fico. Siglare l’accordo, ha detto il premier slovacco, è stata “la migliore decisione a livello politico, finanziario e legale”.
L’Osce chiede il rilascio degli osservatori – Il presidente dell’Osce, Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, il ministro degli Esteri svizzero Didier Burkhalter, ha condannato la detenzione degli osservatori dell’organizzazione da parte dei ribelli filorussi nell’est dell’Ucraina ed ha chiesto il loro rilascio. Burkhalter ha parlato di una situazione “inaccettabile”. A questo proposito, il portavoce della cancelliera tedesca Angela Merkel, Steffen Seibert, ha chiesto al governo russo di intervenire e prendere “chiaramente le distanze da queste azioni” chiedendo il rilascio degli inviati “immediatamente, incondizionatamente e illesi”. Inoltre, il colonnello tedesco Axel Schneider, ha sottolineato che gli inviati agivano nell’ambito di una missione diplomatica sotto l’egida dell’Osce e non sono spie della Nato, come invece sostengono i filorussi. Uno degli osservatori trattenuti dai separatisti pro-Mosca dal 25 aprile scorso nella città di Sloviansk, nell’est dell’Ucraina, l’inviato svedese Thomas Johansson, è stato rilasciato domenica per motivi medici.