I sindacati: "Qui i politici vengono soltanto quando sono in campagna elettorale, parlano del rilancio dell'aeroporto, monopolizzano voti, poi cala il silenzio"
Trattativa Sea Handling, ma non solo. Anche l’intesa Etihad–Alitalia se mai arriverà, è pronta a mettere sotto scacco Malpensa una seconda volta con la liberalizzazione dell’altro scalo milanese, Linate. Qualsiasi sia il capitolo aperto, trema l’occupazione attorno all’aeroporto in provincia di Varese con i suoi 12mila posti di lavoro diretti e altre decine di migliaia di indiretti nell’area: in pratica la Fiat della Lombardia. Non a caso Cgil, Cisl e Uil regionali hanno scelto proprio Malpensa quale luogo in cui celebrare la festa del Primo Maggio. “Torniamo a volare” è lo slogan della manifestazione che andrà in scena giovedì dalle 9.30 alle 13. I lavoratori di tutta la regione confluiranno lì, nella “fabbrica” che sta perdendo pezzi e che, in ogni caso, si sta paradossalmente rimettendo a lustro – il restyling del terminal 1 è già iniziato (30 milioni di euro per 18mila metri quadrati di zone d’intervento) – in vista di Expo. Quarantasei nuovi negozi, per arrivare ad oltre cento con gli esercizi di ristorazione e un duty free tra i più grandi d’Europa lanceranno l’attività commerciale al terminal 1 di Malpensa, ma sono i voli a dover tornare nell’infrastruttura che rappresenta un investimento da 5 miliardi di euro, con un valore economico creato dai passeggeri dell’aerostazione che “supera i 9 miliardi di euro all’anno”, secondo un’analisi dati della Camera di Commercio di Varese.
Il 2013, a Malpensa, si è chiuso con meno di 18 milioni di passeggeri, il 2,3% in meno rispetto al 2012. E se easyJet, low cost basata al terminal 2, tiene alto il numero dei voli e delle destinazioni, è sulle tratte intercontinentali che si gioca il destino dell’occupazione nel sedime aeroportuale. Chi prepara i pasti per pranzi e cene in volo è già in sofferenza da anni. In Lsg Sky Chefs, la più importante delle tre società di catering presenti a Malpensa per numero di addetti, dal 2008 ad oggi, si è passati da 560 dipendenti a circa 320 e da 30.000 pasti al giorno a 3.000. Un tonfo costato sei anni di cassa integrazione (Cigo, Cigs e in deroga) a rotazione a tutti.
“Anni di duri sacrifici con stipendi da 750 euro al mese per chi era full time (i part-time si fermano a 400-450 euro), senza ferie, Rol, e maturazione dei ratei su tredicesima e quattordicesima”, appuntano Donatella Metastasio e Raffaele Dell’Erba, Rsu, rispettivamente, della Filt Cgil e della Uiltrasporti in Lsg. “Siamo disperati, i lavoratori monoreddito non ce la fanno più, c’è chi si sta vendendo tutto quello che può per sopravvivere, a partire dai denti d’oro. Dobbiamo consolarci col fatto che siamo almeno riusciti ad evitare il disfacimento dell’azienda e a salvaguardare l’occupazione”. A fine anno si chiude ogni possibile rinnovo della Cassa e si apre un baratro. “Abbiamo chiesto più volte a Lsg di diversificare il business”, lamentano i due rappresentanti sindacali che, intanto, chiedono conto alla politica circa il destino di Malpensa. “Qui i politici vengono soltanto quando sono in campagna elettorale, parlano del rilancio dell’aeroporto, monopolizzano voti, poi cala il silenzio. Li conosciamo bene questi giochetti e non ci interessano più. Chiediamo interventi seri ed incisivi. Il catering è il settore dell’indotto tra quelli più esposti a un ridimensionamento a causa delle quote crescenti dei voli low cost”. Ormai è “battaglia per aggiudicarsi fette di mercato ridotto al minimo storico”, denunciano i lavoratori del catering. E a fine mese il dramma si manifesta in busta paga.