Il sindaco di Bologna, Virginio Merola, dà l’alt al Pd sul taglio allo stipendio di Tomaso Tommasi di Vignano, presidente della multiutility Hera (confermato ieri al vertice della società) che guadagna 475mila euro all’anno. Il primo cittadino va così in controtendenza rispetto alla linea del premier Matteo Renzi, deciso a imporre un tetto agli stipendi dei supermanager pubblici di 240 mila euro.
Hera è una società privata ma con una forte partecipazione azionaria del comune di Bologna. Nei giorni scorsi il suo presidente, Tommasi, ha affermato di non sentire il bisogno di ridurre il suo stipendio scatenando l’ira dei renziani decisi ad applicare la cura dimagrante di Renzi agli stipendi dei supermanager anche a Bologna. Il gruppo del Pd in Consiglio comunale era già pronto a presentare, ieri, un ordine del giorno che chiedeva la riduzione del compenso di Tommasi. L’odg era firmato dal renzianissimo Benedetto Zacchiroli ma il sindaco Merola ha messo il veto sulla presentazione del documento chiedendo al Pd il suo ritiro e provocando non pochi malumori nel partito. Il sindaco, anche se critica apertamente le parole di Tommasi, non si muove dalla sua posizione. “Si può fare demagogia su tutto – ha detto – ma francamente credo che rispetto anche ai risultati che si sono ottenuti, il management aziendale di Hera sia il più sobrio in Italia ed anche uno dei più efficaci”. Ricorda poi che “è stato ridotto il Cda da 19 a 14 membri, si sono ridotte le loro indennità a 40.000 euro e questo già comporta un risparmio di oltre 500.000 euro”. Inoltre, “sono sei anni che non si aumentano le indennità dell’amministratore delegato e del presidente”.
Ieri, il gruppo del Pd ha ceduto al diktat del sindaco dopo un tesissimo confronto di un’ora e mezzo durante il quale, secondo le indiscrezioni, qualcuno dei Democratici avrebbe anche minacciato di lasciare il summit. A Bologna, insomma, nonostante l’impegno dei renziani, la linea del premier non passa e il Pd, per evitare quello che di fatto sarebbe stato un atto di sfiducia nei confronti del sindaco, ha preferito fare marcia indietro, nonostante l’odg avesse l’approvazione di quasi tutto il gruppo e del segretario cittadino del Pd Raffaele Donini. Finita la riunione, il capogruppo del Pd in Comune Francesco Critelli ha cercato di buttare acqua sul fuoco riguardo allo strappo con Merola: “Abbiamo deciso alla fine con la disponibilità piena di Zacchiroli di non presentare nessun odg in aula anche perché abbiamo già votato in più occasioni altri atti del genere proposti dal gruppo e dalla maggioranza. Riteniamo inopportune le dichiarazioni di Tommasi ma rivendichiamo i risultati raggiunti dall’amministrazione in termini di riduzione dei costi per quanto riguarda il management non solo di Hera”. Ma il consigliere Zacchiroli, firmatario dell’odg della discordia, non nasconde la sua contrarietà per lo stop di Merola. “Ho manifestato la mia contrarirtà al ritiro dell’odg – fa sapere – a questo punto, Merola si prenderà le sue responsabilità”. Attacca poi il sindaco: “Ha parlato di demagogia, ma quando gli arriva il cedolino del suo stipendio non dice: È demagogia non metto questi soldi in banca’”. Zacchiroli ricorda che sono già stati presentati negli anni scorsi due odg approvati praticamente all’unanimità dal Consiglio Comunale che andavano nella direzione di una maggiore sobrietà di Hera ma, nonostante diversi tagli al numero dei componenti del Cda e al loro compenso, “c’è stata solo una riduzione del 10% sul premio di produttività di Tommasi non certo sul suo stipendio, perciò bisogna andare avanti su questa strada”. “Sarebbe un bel segnale di responsabilità sociale da parte dell’azienda – insiste – soprattutto in questo momento di crisi. Tommasi – ricorda – guadagna 1.667 euro al giorno”.
Il segretario bolognese del Pd, Raffaele Donini, che aveva caldeggiato l’odg sulla riduzione dello stipendio di Tommasi avverte che la partita non è finita. “La discussione del gruppo Pd si è conclusa con un orientamento unanime e per me è una buona notizia” ma – aggiunge – “considero inopportune e urticanti le dichiarazioni del presidente di Hera e non ritengo come concluso e definitivo l’importante percorso di sobrietà realizzato nelle società partecipate, anche per ciò che riguarda gli emolumenti del management”.