“Io sono stato uno di quelli che ha applaudito ieri, non mi nascondo dietro a un dito. Considero i colleghi condannati per errore giudiziario. E’ un delitto solidarizzare con dei colleghi condannati ingiustamente?”. Gianni Tonelli, segretario generale del Sap, ai microfoni di “24 Mattino”, su Radio 24, respinge gli attacchi per quanto accaduto ieri al convegno di Rimini, dove sono stati applauditi per più di 5 minuti i poliziotti condannati per l’omicidio di Federico Aldrovandi, e insiste nella difesa degli agenti. “Ci aspettavamo questi attacchi, consideriamo questa sentenza errata” – ribadisce – “I colleghi hanno subito e patito gli effetti di questa sentenza ingiusta. Attorno alla vicenda sono girate un’infinità di informazioni che processualmente sono risultate false. Credo che si debba fare chiarezza”. E aggiunge: “Di fronte alla morte di un ragazzo e al dolore di una madre, non abbiamo nulla da eccepire. Ma non significa nulla, perché non bisogna confondere la verità col pietismo. Tutti i giorni muoiono giovani sulle strade, ma non per questo la colpa è delle strade”. Tonelli spiega: “I colleghi sono stati condannati per eccesso colposo, ma hanno adottato una posizione che viene insegnata nelle scuole di polizia di tutto il mondo per fermare una persona dopo che ha assunto sostanze stupefacenti e quindi è in una situazione di non autocontrollo. Ed è questa la ragione per cui una cittadina ha telefonato al 113: perché c’era un ragazzo che stava compiendo atti di autolesionismo, stava urlando e si stava facendo del male da solo. I colleghi sono andati e sono stati aggrediti dal ragazzo”. Il sindacalista risponde anche alle censure del ministro Alfano e del viceministro Bubbico: “Sono vittime di un’informazione completamente errata. Questo è un processo che la difesa della famiglia ha condotto più sui media che in aula. Sfido Alfano e Bubbico: se loro danno mandato ai loro uffici legali di analizzare tutti gli atti processuali, io sono disponibile a qualsiasi confronto con loro. E sono certo che, siccome sono persone intellettualmente oneste, non potranno che concordare con le nostre tesi”. Ma sottolinea: “Non temo assolutamente ripercussioni da parte del capo della Polizia Pansa. Se in Italia non siamo più liberi di solidarizzare con un collega che riteniamo condannato ingiustamente, allora è meglio che chiudiamo la baracca e ce ne andiamo a casa tutti” di Gisella Ruccia