A vent’anni di distanza da quel maledetto primo maggio a Imola, ilfattoquotidiano.it ha chiesto a tre tra i più autorevoli giornalisti che seguono la Formula Uno di raccontarci chi era Ayrton Senna e perché è diventato un dio. Se lo è diventato prima o dopo la sua morte. I pareri sono di chi Senna lo ha visto crescere nelle serie minori dell’automobilismo prima ancora che arrivasse in F1 e ne ha poi seguito tutta la fenomenale carriera. Di chi di Senna è diventato amico, e a partire dalla notte prima dell’incidente di Imola sulla persona e sul personaggio Senna e ha appena pubblicato un magnifico libro (Suite 200. L’ultima notte di Ayrton Senna, edizioni 66thAnd2nd). E, infine, di chi a quell’epoca ancora non frequentava il circus ma lo fa oggi quasi ogni giorno per mestiere e di Senna respira e l’aurea divina. A raccontare per noi Ayrton Senna sono Pino Allievi (Gazzetta dello Sport), Giorgio Terruzzi (Mediaset) e Marco Mensurati (La Repubblica).
Allevi: “La sua è stata la prima morte in diretta in mondovisione”
“Ricordo quando, un paio di anni prima che arrivasse in Formula Uno, correva nella Formula Ford e dopo le corse si presentava sempre nei box della Ferrari, parlando italiano e diventando in breve tempo amico di tutti – racconta Pino Allievi – Era un ragazzo borghese, molto benestante, che aveva studiato. Nel passaggio in F1 la Ferrari l’aveva cercato a più riprese, Senna aveva anche avuto dei colloqui con Enzo Ferrari ma al patron piacevano piloti meno celebrati, meno completi, da costruire, probabilmente perché non mettessero in ombra la macchina. Non posso dire che sia stato il più grande in assoluto perché queste classifiche non hanno senso, Senna è stato il migliore nella preparazione, nel controllo della vettura, e forse tutto il discorso delle modifiche alla Williams nella gara di Imola, dovuto a questa sua applicazione, può essere la causa indiretta della sua morte. La morte in diretta di Senna è stata forse la prima in mondovisione, ha ragione chi l’ha paragonata ad una specie di crocifissione di Cristo duemila anni dopo, tutti erano lì davanti agli schermi per vedere Senna e hanno assistito alla sua morte: questo ha costruito il suo mito”.
Terruzzi: “Era un Dio perché era un uomo”
“Ho avuto la fortuna, un giorno del 1984 che andavo a trovare un caro amico in Brasile, di essermi trovato a passare un pomeriggio a casa sua e di aver sviluppato una sorta di accesso privilegiato con lui, che la parola amicizia in questi casi è un po’ abusata – racconta Giorgio Terruzzi – Sulla domanda perché Senna è un dio ti rispondo: perché era un uomo. Nel senso che una persona che mostrava i lampi del proprio talento e anche le ombre, i sentimenti, le paure della sua anima. In qualche modo in lui erano le contraddizioni che stanno anche nella nostra quotidianità tra la meticolosità di una persona capace di produrre gesti in pista di una ferocia e di precisione incredibile da una parte e poi dall’altra la sua compassione, il suo misticismo quasi infantile, ma non per questo meno profondo. La risposta è questa: Senna era portatore di qualcosa di eccezionale e allo stesso tempo di concreto, credo che sia questa esposizione della sua persona quella che genera la memoria e il rimpianto”.
Mesurati: “Fonte d’ispirazione per chi è venuto dopo di lui”
“Non l’ho vissuta come giornalista l’epoca di Senna, ma per motivi anagrafici come appassionato – racconta Marco Mensurati – Oggi si può dire che Senna è un dio perché è proprio soltanto di personalità non terrene di rimanere per trent’anni nell’immaginario collettivo delle persone e essere a tutt’oggi ispirazione per tutti quelli che vogliono fare il mestiere che voleva fare lui. Al di là della retorica sugli sportivi che sono d’ispirazione, per Senna è proprio il senso stesso dell’essere biblico che è fonte di ispirazione. Basta sentire nelle conferenze stampa dei piloti di oggi quando spiegano di come Ayrton Senna abbia determinato più di quanto si possa pensare il loro modo di preparare e vivere il loro mestiere. Questo non vuole dire che né Alonso né Hamilton non avrebbero mai fatto quello che hanno sempre voluto, ma che il nome di Senna oggi ha questo valore: quello dell’ispirazione”.