Economia & Lobby

Bonus di 80 euro: garantisce giustizia sociale e rilancio dei consumi?- parte II

 Nel post precedente ho analizzato le caratteristiche principali del bonus fiscale di 80 Euro previsto dal Decreto Legge Dl n.66  In questo spazio ci concentreremo invece sugli effetti del provvedimento.

Nel decreto legge ufficiale si legge testualmente che si tratta di  “Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale“. Tralasciando in questa sede il discorso, seppur di fondamentale importanza, delle coperture finanziarie (come il governo intende finanziare questo bonus), è lecito chiedersi se questi obiettivi verranno raggiunti. 

La giustizia sociale viene garantita ?

Ci sono diversi aspetti da considerare nel valutare un concetto così complesso come quello della giustizia sociale. Perseguire l’equità in una dimensione specifica genera iniquità inattese in altre importanti dimensioni.

In primo luogo, come abbiamo analizzato nel post precedente, sebbene il “bonus” copra ben 10 milioni di lavoratori, solo i lavoratori dipendenti sono inclusi, escludendo ad esempio autonomi e pensionati anche a parità di reddito. Da un lato si tratta di una scelta iniqua, dall’altro di una scelta legittima del governo a fronte dell’obiettivo principale che è quello di ridurre il cuneo fiscale per i lavoratori dipendenti e parasubordinati (e non i pensionati) al fine di ridurre i costi di assunzione almeno nel medio periodo (visto che una riduzione effettiva dell’Irpef beneficerebbe nell’immediato solo il lavoratore e solo successivamente anche il datore di lavoro). Inoltre, diversi osservatori hanno sottolineato che i redditi dei lavoratori autonomi non sono sempre identificabili con precisione e che l’incidenza dell’evasione fiscale è maggiore in questa fascia di tipologia di lavoro. Dunque partire dai lavoratori dipendenti potrebbe comunque  rispondere a criteri ben precisi di equità fiscale.

Secondo, in termini relativi una buona parte delle famiglie più povere sono totalmente escluse da questo provvedimento, così come da altri provvedimenti di altri precedenti governi. Ad esempio chi è giusto sotto la soglia minima (8145 euro) non prenderà nulla. Chi è marginalmente sopra (8150 euro) avrà diritto a 80 euro al mese in più.

Inoltre, il bonus è più generoso con la classe media e poco con le famiglie povere.  A favore del governo, tuttavia, si dovrebbe  notare che il beneficio medio in proporzione al reddito di chi lo riceve è progressivo (come mostra il grafico in basso il beneficio è più basso per le famiglie più ricche).

 

Fonte: Baldini, Giarda, Olivieri  (Figura 4) da lavoce.info, rielaborazione dell’autore

Inoltre, il governo si è impegnato a risolvere questo nodo lasciando intendere di non essere interamente soddisfatto dell’equità di questa manovra.  Aspettiamo, dunque la legge di Stabilità 2015 di ottobre per un giudizio definitivo.

Terzo, Il bonus è applicato a tutti senza considerare altre importanti dimensioni, come la numerosità della famiglia. Ad esempio, un single ed un genitore con due figli a carico con lo stesso reddito avranno lo stesso bonus. Dare un bonus uguale per tutti, dunque, segue un criterio specifico di equità ma genera altri tipi di sperequazioni.

Quarto, la struttura del bonus farà aumentare l’aliquota marginale fino ad oltre il 60% per la fascia di reddito che va dai 24.000 ai 26 mila euro. In altre parole, un euro di straordinario in più guadagnato nella fascia fra i 24.000 e i 26.00€ verrà tassato con un’aliquota di oltre il 60% (Clicca qui per approfondire). Questo creea inutili distorsioni ed iniquità.

Infine, chi perderà il lavoro durante il 2014 potrebbe essere costretto a rimborsare parte del bonus ricevuto nei mesi di occupazione. Infatti il bonus mensile è calcolato su base annuale, in base ai mesi effettivi di lavoro. Un lavoratore dipendente con uno stipendio lordo annuale di 15.000 che, per fare un esempio, avrà la sfortuna di perdere il lavoro ad Agosto del 2014, riceverà 80 euro da Maggio ad Agosto ma, a conti fatti, avrà diritto solo ad un parte di questo bonus pari a 53,33 € (relativo agli otto mesi di lavoro in un anno). Quindi si presume  che questo lavoratore o riceverà un bonus minore in busta paga oppure dovrà restituire la differenza all’erario dopo essere stato licenziato!  

Similmente, chi ha ottenuto il lavoro dopo gennaio 2014 avrà diritto a meno di 80 euro. Ad esempio, un dipendente che prende  servizio ad inizio maggio  avrà diritto a soli 60 euro (il bonus dovrà essere proporzionato ai soli 9 mesi di lavoro in un anno).

E il provvedimento darà un impulso all’economia ed ai consumi ?

Anche se valutare seriamente l’impatto di questo bonus fiscale sui consumi e sull’economia in aggregato è un esercizio molto complesso proviamo a fare due calcoli approssimativi.

Innanzitutto bisognerebbe avere una stima della cosiddetta propensione al consumo, ovvero quanta quota parte del reddito aggiuntivo dei beneficiari del bonus verrà effettivamente consumata.

Una ricerca accademica recente (Jappelli e Pistaferri, 2013) ha stimato che in media gli italiani consumerebbero circa il 50% di ogni euro aggiuntivo di “reddito”. Ovviamente la propensione al consumo varia con il reddito ma considerare un valore omogeneo non è del tutto erroneo nel nostro caso dato che la maggior parte dei benefici si concentra sulla classe media.

È bene notare, tuttavia, che la propensione al consumo potrebbe anche essere inferiore se il bonus non è percepito come permanente (in quel caso le famiglie preferirebbero risparmiare buona parte dell’aumento di reddito) e se le famiglie sono particolarmente indebitate (i soldi aggiuntivi servirebbero a ripagare i debiti pregressi).

Ad esempio, un sondaggio di IPR marketing ha stimato che solo il 47% delle persone crede che il bonus sarà per sempre. Inoltre, di quei soldi solo il 33% potrebbero essere consumati (il 56% andrebbe invece risparmiato o impiegato per ridurre i debiti)

Prendendo una forbice del 30-40% come una misura  approssimativa (ma forse anche eccessiva) della propensione al consumo otteniamo che dai 2 ai 3 dei 6.9 miliardi di Euro potrebbero essere spesi. La manovra è tuttavia finanziata (tra le altre cose) con tagli di spese e servizi per 2,1 miliardi. L’effetto sul reddito aggregato nel 2014 potrebbe dunque essere molto piccolo o addirittura nullo (ignorando l’effetto complessivo degli altri interventi minori).

Anche le stime ufficiali del Documento di Economia e Finanza 2014 prevedono un impatto positivo del bonus di circa lo 0.1 % di Pil nel 2014 (cioè circa 1,6 miliardi) ed uno negativo della spending review pari allo stesso ammontare.

Guardando al futuro, il miglioramento del reddito di una buona parte delle famiglie italiane migliorerà di certo la loro capacità di pianificazione e la loro condizione finanziaria (grazie al ripianamento dei debiti e all’aumento del risparmio). Per far sì che la manovra abbia effetti più sostanziali sull’economia è importante che il governo allarghi, come promesso, le misure ad altre fasce della popolazione (soprattutto le più povere) e che la “riduzione d’imposta” venga confermata nei prossimi anni e riesca ad essere finanziata attraverso una riduzione di spesa strutturale (cioè senza aumentare ulteriormente la pressione fiscale).

Salvatore MorelliRedattore di quattrogatti.info e ricercatore al Csef dell’Università Federico II di Napoli