SAP contro tutti. Contro il governo, contro i giudici, contro la stampa. Una famiglia distrutta ed il giudizio di colpevolezza senza più appelli sulla vicenda Aldrovandi, evidentemente non sono sufficienti secondo il Sindacato Autonomo di Polizia per ritenere il caso chiuso.
Anzi, a giudicare dalle parole del neo segretario Tonelli, sembra quasi non sia mai esistito alcun caso Aldrovandi (“la morte di chiunque è un evento infausto ma non necessariamente la colpa deve essere attribuita a qualcuno“). Di più: sembra quasi non sia mai esistita alcuna vicenda giudiziaria.
E’ una nuova frontiera, quella inaugurata dal SAP che addirittura arriva a chiedere la revisione del processo, un po’ come si trattasse di un quarto grado di giudizio (fatto seguire, magari anche un ricorso alla Corte Europea per i Diritti Umani.) Non sono bastati sei anni di udienze, tre gradi di giudizio, centinaia di ore di aula, decine di perizie ed una mole vertiginosa di carta prodotta: per il sindacato di polizia, i colleghi condannati in via definitiva sono stati vittime di errori giudiziari, di menzogne, di una campagna mediatica.
Addirittura, il segretario del sindacato, parla di “condanne ingiuste” paragonando la morte di Federico Aldrovandi ad un incidente stradale: ‘migliaia di giovani ogni anno muoiono alla guida dei loro automezzi, ma non per questo la colpa è delle strade’.
L’ovazione della sala ai poliziotti pregiudicati e le pesanti dichiarazioni all’ANSA del segretario Tonelli segnano una svolta “partitica” dell’associazione di categoria che sposta l’ago dalla rivendicazione sindacale alla polemica smaccatamente politica: dal corteo per l’aumento in busta paga alle dure critiche al disposto di una sentenza passata in giudicato (e in fondo dello stesso impianto accusatorio che ha portato alla sentenza di condanna) la strada è lunga. E il SAP l’ha percorsa a passo sostenuto, lanciando l’hashtag #vialamenzogna in risposta a #vialadivisa, la campagna nata da comitati di cittadini, che ha come obiettivo le destituzione degli agenti condannati.
In questo caso, valgono le stesse osservazioni del discorso che feci sul Coisp: quale garanzia di buon andamento ed imparzialità, possono garantire gli iscritti ad un sindacato di lavoratori in divisa che “fa politica”? Non solo contestando una sentenza di condanna (che è lecito contestare) confermata dalla Cassazione ma addirittura suggerendo l’esistenza di una verità giudiziaria alternativa che una non ben definita ‘pelosa macchina del fango’ avrebbe occultato.
A voler dare il giusto valore alle parole, oggi di “verità giudiziaria” ne esiste una sola ed è quella che ha portato dietro le sbarre, per omicidio colposo gli agenti Paolo Forlani, Monica Segatto, Enzo Pontani e Luca Pollastri. Tutto il resto, i se ed i forse, sono solo speculazioni. Inoltre la revisione del processo penale, va ricordato, è un caso talmente raro ed eccezionale che se il SAP avesse davvero tra le mani prove tanto schiaccianti a favore dei condannati, tanto schiaccianti da poter far riaprire il caso, farebbe bene -nell’interesse pubblico- a produrle in fretta.
Altrimenti, questo intenso attivismo rischia solo di incrementare la platea di cittadini ostili (ed intimoriti) nei confronti delle forze dell’ordine e soprattutto rischia di prolungare in maniera crudele , e senza una ragione, il calvario della famiglia Aldrovandi. In un periodo di grave sfiducia nelle istituzioni, con l’opinione pubblica ancora sotto shock per l’ennesimo caso di cronaca nera che vede coinvolti degli operatori di pubblica sicurezza, l’ultima cosa di cui si sente la necessità è il dare (altro) fuoco alle polveri con episodi come quelli di ieri.