Dal giorno successivo alla sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittimo il divieto di fecondazione eterologa” previsto dalla legge 40 del 2004, “e in attesa delle motivazioni della Corte, è boom di richieste di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo nei centri Cecos Italia”. L’associazione raggruppa centri di fecondazione in cui si effettuano circa 10 mila cicli l’anno. Dopo avere condotto un’indagine è emerso “un costante e continuo incremento della domanda di fecondazione eterologa da parte delle coppie”. Oggi però, a causa della mancanza di linee guida, spiega Cecos Italia, non è possibile dare a questi aspiranti genitori risposte certe

“Tutte le coppie fanno la stessa domanda: qual è l’iter da seguire per la fecondazione eterologa?”. Inoltre “chiedono se ci sono liste di attesa, i costi, le procedure tecniche, le garanzie del centro”. Sono “coppie consapevoli che vogliono risposte certe – sottolinea la presidente di Cecos Italia, M. Elisabetta Coccia – e rimangono sorprese del fatto che ad oggi non sono state emanate linee guida dal ministero della Salute, nonostante noi società della riproduzione abbiamo dato la nostra totale disponibilità a un tavolo tecnico di confronto”.

Ad aumentare, nei centri Cecos, è soprattutto “la richieste di ovodonazione e non solo limitatamente all’età di accesso all’eterologa – precisa l’associazione in una nota – Sono molte, infatti, le donne la cui fertilità è stata purtroppo compromessa a cause di neoplasie o menopausa precoce o interventi chirurgici, o casi in cui la donna è fertile ma è portatrice di una malattia genetica, o i casi di ripetuti tentativi fallimentari che portano la coppia stessa a intraprendere altre strade”. 

Sono circa 3.500 i contatti e le richieste di coppie per accedere alla fecondazione eterologa –  spiega Coccia all’Ansa – è necessario che il ministero della Salute dia delle indicazioni chiare attraverso delle linee guida; ad oggi, però, non abbiamo avuto alcuna risposta rispetto alla richiesta avanzata di istituire un tavolo tecnico di confronto”. Il punto è che, anche se i Centri sarebbero “tecnicamente” pronti ad effettuare questo tipo di interventi, sottolinea l’esperta, “non potremo partire se il ministero non darà indicazioni per chiarire il quadro di riferimento”.

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