A metà tra la simulazione di vita ed un giocoso esperimento social, il videogame mette il giocatore nei panni del deus ex machina di una placida isoletta, sulla quale invitare a vivere sé stessi, i propri parenti ed amici, personaggi famosi, nella loro versione avatar
E’ difficile attribuire un genere di appartenenza a Tomodachi Life, titolo per Nintendo 3DS in uscita il prossimo 6 giugno; catalogarlo secondo le ormai stantie standardizzazioni del mercato videoludico rischia di non fargli giustizia, e questo è un bene, perché significa che nella produzione Nintendo risiede un’essenza particolare, per niente complessa, e per questo accessibile a molti, ma capace di intrattenere grazie al carisma del quale il gioco è dotato.
A metà tra la simulazione di vita ed un giocoso (e gioioso) esperimento social, Tomodachi Life mette il giocatore nei panni del deus ex machina di una placida isoletta, sulla quale invitare a vivere sé stessi, i propri parenti ed amici, personaggi famosi, nella loro versione Mii, gli avatar che Nintendo ha introdotto per la prima volta su Wii e che a distanza di tempo, su console portatile, trovano uno dei loro migliori utilizzi. Una volta importato un personaggio già creato, o realizzato per l’occasione, s’inizia ad entrare in contatto con lui, tramite azioni inizialmente basilari, come comprargli del cibo o dei vestiti nuovi, e procedendo nel gioco, invitando nuovi abitanti, sbloccando nuovi luoghi sull’isola, raggiungendo determinate situazioni da gioco, l’interazione si fa sempre più complessa, sia tra il giocatore ed i Mii che tra gli abitanti stessi. Relazioni s’intrecciano, amicizie si costruiscono, rapporti amorosi sbocciano, sempre con l’aiuto esterno del giocatore, che mette lo zampino in tutto, e può quindi divertirsi sia nell’aiutare i suoi popolani, sia nel mettergli i bastoni tra le ruote. E’ importante però, sempre, tenere il loro livello di felicità alto, perché felicità significa soldi, e con i soldi è possibile acquistare una enorme varietà di oggetti con i quali personalizzare gli abitanti, i loro appartamenti e quant’altro.
Tomodachi Life si smarca dalla seriosità e dall’approccio – un po’ inquietante – da seconda vita, di altri titoli del genere, grazie ad un grado di bizzarria elevato, che ne è al tempo stesso aspetto più intrigante ed ancora di salvezza, perché grazie ad esso attira il giocatore, facendolo sorridere, proponendogli situazioni comiche ed esilaranti, a volte totalmente folli, e soprattutto riesce ad essere interessante nel lungo periodo, evitando la ripetitività e gli stalli sempre in agguato in simili produzioni. Non è di certo un gioco che vive di picchi elevati, ma si gode il suo essere tranquillamente accattivante, produzione originale, votata più a sessioni di gioco mordi e fuggi che a lunghe partite, elemento per il quale la sua natura di titolo per console portatile è adattissima. Si può giocare pochi minuti e rimanere comunque soddisfatti, perché in Tomodachi Life c’è sempre qualcosa di nuovo, un motivo per tornare a controllare spesso come vada la vita sull’isola alla quale si è dato nome ed essenza, avendola riempita dei suoi buffi abitanti.
Nella sua componente social, il gioco fa affidamento su piattaforme già esistenti, da Facebook a Twitter a Tumblr, tramite applicazioni integrate, che permettono di condividere i momenti più particolari ed esilaranti nei quali sono magari coinvolti i propri contatti. E’ possibile catturare immagini di qualunque momento, e poi successivamente pubblicarle online, per ghignare insieme dei momenti più strambi, ma sarebbe sbagliato pensare a Tomodachi Life come ad una versione in salsa Nintendo dei social network, né bisognerebbe sovrastimarne questa sua componente. La produzione è, a tutti gli effetti, un videogioco, di certo bizzarro, di certo dallo smaccato gusto nipponico (le cinque milioni e mezzo di copie vendute sul suolo natìo non ammettono smentite), ma forte delle caratteristiche di universalità e originalità proprie dei titoli Nintendo.
Tomodachi Life sarà disponibile su Nintendo 3DS a partire dal 6 giugno.
Articolo a cura di Fabio Canonico