L'ex tesoriere riconosciuto colpevole dal tribunale di Roma di appropriazione indebita di fondi del partito per 25 milioni di euro e di calunnia nei confronti dell'allora leader Francesco Rutelli. Caduta l'associazione a delinquere. Giudizio di colpevolezza anche per la sua segretaria e per due commercialisti. L'ex sindaco di Roma: "Dimostrata la nostra onestà"
L’ex tesoriere della Margherita Luigi Lusi è stato condannato a otto anni di reclusione per essersi appropriato di oltre 25 milioni di euro di fondi destinati al partito. Lo ha deciso il presidente della quarta sezione penale del tribunale di Roma Laura Di Girolamo. Per Lusi, ex senatore Pd per il quale nel 2012 palazzo Madama votò sì alla richiesta d’arresto, il pm Stefano Pesci aveva sollecitato 7 anni e mezzo per i reati di associazione a delinquere finalizzata all’appropriazione indebita e di calunnia nei confronti di Francesco Rutelli, all’epoca dei fatti leader del partito. I giudici non hanno però riconosciuto come provato il reato di associazione a delinquere, condannando l’ex tesoriere per appropriazione indebita e calunnia, e infliggendogli l’interdizione perpetua dai pubblici uffici.
Il tribunale di Roma ha condannato anche il commercialista Mario Montecchia a tre anni e 6 mesi e un altro commercialista, Giovanni Sebastio, a 2 anni e 8 mesi. Condannata a un anno e due mesi, ma con pena sospesa per cinque anni, anche Diana Ferri, segretaria di Lusi, per la quale era stata sollecitata dall’accusa l’assoluzione con formula ampia.
L’ex senatore era accusato di aver intascato soldi pubblici a partire dal 2002, quando ricevette l’incarico di controllare le entrate e le uscite del partito cui erano destinati i rimborsi elettorali. Nel 2012 la Banca d’Italia segnalò un’operazione sospetta sull’acquisto di un appartamento in via Monserrato, a Roma, vicino piazza Navona. Così gli inquirenti iniziarono a esaminare i conti della Margherita scoprendo che, ricorrendo anche a due società estere, la Ttt srl e la Paradiso, Lusi era riuscito a dirottare in Canada 23 milioni di rimborsi elettorali e poi li aveva fatti rientrare in Italia con lo scudo fiscale. Il 30 dicembre 2013 la Corte dei Conti ha condannato Lusi a versare 22,8 milioni di euro allo Stato per danno erariale a fronte di una richiesta di patteggiamento di 16.
“Giustizia è fatta”, è il commento a caldo di Rutelli, oggi leader di Alleanza per l’Italia. “Vengono dimostrate le esclusive responsabilità dell’ex tesoriere e dei suoi complici e la nostra totale onestà di politici e persone perbene”. Con la condanna di Lusi per calunnia, aggiunge, “si spazzano via tutti i veleni che furono diffusi”. L’inchiesta giudiziaria su Lusi, infatti, è stata accompagnata da durissime accuse contro la gestione della Margherita – non più esistente come partito dopo la confluenza nel Pd, ma ancora titolare di rimborsi elettorali per le passate consultazioni – e in particolare contro lo stesso Rutelli ed Enzo Bianco, presidente dell’Assemblea federale. Diversi allarmi sulla scarsa trasparenza nell’amministrazione dei fondi pubblici milionari ancora presenti in cassa erano stati sollevati fra gli altri, anche prima che vensse svelata l’indagine giudiziaria, dagli ex margheritini Luciano Neri e Arturo Parisi.
Rutelli si dice “soprattutto felice perché non solo è integro l’onore della Margherita, dei suoi dirigenti, e mio; ma resta integra anche la credibilità tecnico-amministrativa del partito: grazie alla determinazione dimostrata in questi anni, alla bravura degli avvocati Madia e Diddi, all’impegno dei Liquidatori, dei Garanti e dei tecnici e grazie all’egregio lavoro della Magistratura, tutto il maltolto viene recuperato”.
Lo stesso Lusi aveva tirato in ballo Rutelli e altri ex dirigenti del partito, compreso Matteo Renzi, come beneficiari di parte dei fondi che lui da tesoriere amministrava. In particolare, al pm Pesci aveva raccontato di un “patto con la corrente rutelliana per la spartizione dei fondi”. Da qui l’accusa di calunnia nei confronti dell’ex sindaco di Roma, oggi riconosciuta dal tribunale di Roma.
Critico il legale di Lusi, Luca Petrucci. “Oggi va ricordato che un senatore della Repubblica è stato arrestato per un reato da cui poi è stato assolto in giudizio. Vedremo le motivazioni della sentenza – prosegue il penalista -. Ma quello che va tenuto ben presente è che l’accusa di associazione a delinquere è caduta, anzi è stata dichiarata insussistente dalla stesso tribunale. Riguardo alla condanna va tenuto presente che ci sono anche delle contestazioni con possibili prescrizioni“. L’allora senatore del Partito democratico era finito in carcere a Rebibbia il 20 giugno 2012, dopo che Palazzo Madama aveva accolto a maggioranza la richiesta di arresto arrivata dalla Procura di Roma. Il Pd si era astenuto.
Con la sentenza il tribunale ha disposto che Lusi, Montecchia, Sebastio e Ferri paghino le spese di giudizio; che Lusi sia legalmente interdetto per la durata della pena e che la condanna inflitta a Diana Ferri venga sospesa per il periodo di 5 anni. I giudici hanno condannato Lusi e gli altri imputati a risarcire la Margherita in sede civile. I beni sequestrati a Lusi, ha disposto il Tribunale, rimangano sotto sequestro.