Con due date londinesi Damon Albarn inaugura l’uscita del suo primo album solista, “Everyday Robots” (Parlophone) e l’inizio del tour promozionale che lo porterà negli Stati Uniti e in Europa, con due date in Italia il prossimo luglio. La Great Hall di Londra fa registrare il tutto esaurito, mettendo in luce il continuo interesse verso un artista troppo spesso relegato alla riduttiva posizione di “cantante dei Blur”, parte che getta nell’ombra la grande curiosità musicale dell’artista britannico, messa in luce anche attraverso progetti a volte molto distanti tra loro: dal “cartoon group” Gorillaz, alla collaborazione con artisti africani per l’album “Mali Music”; dal super-gruppo The Good, The Bad and The Queen alle musiche per l’opera teatrale “Monkey: The Journey To The West”.
“Everyday Robots” aggiunge un altro tassello a questa inesauribile curiosità perché si tratta di una nuova storia, diversa da tutte le precedenti. Albarn si immerge nei propri ricordi riuscendo a cesellarli alla perfezione e creando sonorità che fluttuano in un circostante immobile. L’album è a suo modo una “ricerca del tempo perduto”, con uno sguardo (dis)incantato al fascino di una metropoli come Londra, fotografata alla perfezione soprattutto nei primi versi della title track: “We are every day robots on our phones, in the process of getting home. Looking like standing stones, out there on our own”.
Proprio per la natura intima ed estremamente particolare di questo lavoro, avrebbe potuto manifestarsi il rischio di dare vita ad un concerto monocorde, pericolo evitato dall’artista che ha presentato una scaletta molto dinamica, alternando alle canzoni dell’ultimo album, pezzi dai Blur, Gorillaz, The Good The Bad and the Queen e Rocket Juice & the Moon Song (“Poison”). Ad accompagnarlo sul palco ci sono gli Every Seas Of Love con un fenomenale Paul Stanley-McKenzie alla batteria. Eseguire particolari suoni di “Everyday Robot” non è sempre facile, ma la band si dimostra all’altezza riproponendo perfettamente i loop elettronici dell’album e mitigandone la freddezza, anche dal vivo, con una piccola sezione di archi.
La continua alternanza crea un dinamismo perfetto e riesce a far emergere ancora di più i brani migliori del disco: dalla perfetta fotografia di un aspetto della modernità in “Photographs (You Are Taking Now)”, al meraviglioso gioco di specchi del tempo di “Hollow Ponds”, all’intima “You And Me”, dove per la prima volta in una canzone Albarn confessa il suo periodo di dipendenza (“tin foil and a lighter”). Durante i bis, Albarn chiamerà alcuni ospiti sul palco: per “Clint Eastwood” – brano che finalmente scatenerà il pubblico – ci sarà il rapper Kano, mentre un coro gospel accompagnerà la band per “Mr.Tembo”, restando sul palco anche per la successiva “Every Seas Of Love”, canzone scritta con Brian Eno, il quale purtroppo non ha suggellato la serata onorando il pubblico della sua presenza. Per la conclusiva “This Is a Low” resteranno solo Albarn e il quartetto di archi.
Albarn sul palco sa essere una forza trascinante, ma in questa serata, tranne alcune sporadiche eccezioni, non tutto il pubblico sembra averlo accompagnato come avrebbe meritato. Resta la consapevolezza che con “Everyday Robots” Damon Albarn sia riuscito a portare ad un livello ancora più alto la sua scrittura, incorniciandola con arrangiamenti che dipingono una Londra che tutti sono in grado di percepire, ma che pochissimi sanno immortalare.
Date concerti in Italia:
14 luglio Vittoriale di Gardone Riviera
15 luglio Cavea Auditorium Parco della Musica a Roma