Polemiche sulla protesta dei genitori che lunedì 5 maggio faranno portare il pasto da casa agli alunni delle scuole di Bologna. La protesta è contro i costi definiti "eccessivi". L'assessore all'Istruzione: "Sarà costruito un nuovo centro per i pasti". Il presidente della società partecipata Seribo: "Ci mancano gli strumenti. Dobbiamo ridefinire le regole"
Nella pentola del Comune di Bologna, bolle l’affare mense scolastiche. Lo sciopero dei pasti contro il caro tariffe, annunciato per lunedì dall’osservatorio promosso dai genitori sulla refezione dei loro figli, riapre la questione della gestione della ristorazione scolastica: un “piatto” importante visto che Seribo prepara quotidianamente il pranzo per 16.000 bambini delle scuole primarie e dell’infanzia e per 1000 alunni delle scuole medie della città. Un affare visto che la partita gestita finora da Seribo ha prodotto utili. E mentre l’assessore alla scuola Marilena Pillati, in previsione della protesta, smorza il fuoco assicurando i genitori sull’incremento del biologico fino al 70% e sulla costruzione del nuovo centro pasti, il presidente della stessa società, Giovanni Xilo, ammette che serve un piano industriale oltre alla necessità di uscire da un regime di prorogatio cui è sottoposta Seribo da circa un anno: “Non ci sono gli strumenti necessari, con i relativi organi d’ ammortamento. Il piano industriale è fermo da quando il Comune è stato commissariato. Tutti ravvisiamo la necessità di un nuovo centro pasti, fa parte del progetto nato nel 2003. Bisogna arrivare ad un nuovo appalto, ridefinire le regole che oggi sono vecchie visto che hanno ormai più di dieci anni. Abbiamo bisogno di un minimo di prospettiva”.
Il contratto decennale con Seribo è scaduto nel 2013 ma è stato prorogato per l’anno scolastico 2013-2014. Seribo è una partecipata a maggioranza pubblica, con i soci privati Camst e Concerta cui è stata appaltata la gestione. Entro giugno dovrebbe essere fatta una nuova procedura di gara ma tutto sembra bloccato dalla non volontà del socio privato di cedere le quote. Nei mesi scorsi lo stesso assessore Pillati aveva rappresentato tali difficoltà rispondendo in consiglio comunale ad un question time: “L’avvio della procedura di gara richiede il raggiungimento di un accordo con il socio privato per l’acquisizione della relativa quota che sarà poi oggetto di una successiva vendita attraverso la gara. In assenza di tale accordo la gara non può essere avviata, perché il Comune non può cedere una quota, quella di minoranza, se non è ancora nelle sue disponibilità”.
Secondo indiscrezioni raccolte in queste ore, la strada sarebbe ancora tutta in salita: una soluzione alternativa potrebbe essere quella della liquidazione di Seribo per arrivare all’affidamento del servizio a un soggetto esterno tramite bando. Interpellato da ilfattoquotidiano.it, Xilo, non si è voluto sbilanciare in merito. Così l’assessore: “Continuo a ribadire che le intenzioni dell’amministrazione sono di modificare il contratto che stabilisce alcuni elementi fondamentali del servizio: quali saranno gli strumenti e le strade per arrivare al nuovo contratto lo stanno verificando gli uffici competenti”.
Qualche certezza arriva invece sul fronte del biologico e del centro pasti su cui i genitori son pronti a dar battaglia: “Posso confermare che introdurremo il biologico fino al 70%. Il nuovo centro pasti – spiega la Pillati, contattata telefonicamente – è nel piano investimenti 2014 perciò quando verrà approvato il bilancio avremo anche le condizioni per avviare le procedure necessarie. Sono nelle condizioni di dire che partirà al più presto ma non posso affermare quando”.
A far arrabbiare la Pillati è invece la questione del caro tariffe: “Non sono aumentate rispetto allo scorso anno e non sono le più alte d’Italia. E’ improprio fare affermazioni di questo tipo: siamo passati da un sistema forfettario ad un sistema a consumo. Se si confrontano piani con caratteristiche diverse senza tener conto degli sconti e delle esenzioni previste, non è corretto. E’ improprio fare un confronto che paragoni solo il costo a pasto con il massimo della spesa. Si deve fare un ragionamento completo: le nostre tariffe non sono sicuramente le più economiche ma non sono le più care”.
Resta il fatto che, come ha ben messo in rilievo “Save the Children” con il monitoraggio sui servizi di refezione scolastica, in Italia vi è una chiara e forte disparità nei territori: in alcuni comuni (es. Parma e Palermo) l’esenzione del pagamento della quota di contribuzione al servizio non è prevista, ma anche in quei comuni dove invece l’esenzione è prevista, né i criteri né la soglia di accesso sono omogenei. E rispetto al quantum della contribuzione si registrano differenziali consistenti di città in città, fino ad arrivare al caso in cui a Napoli la tariffa massima mensile di 68 euro (con un ISEE superiore a 18.750,00 euro) è in ogni caso più bassa della tariffa minima mensile di 66,50 euro richiesta a Brescia (con un ISEE inferiore a 16.840,00 euro).