“E’ iniziata la rivoluzione. Una rivoluzione pacifica, ma che le resistenze del sistema non fermeranno. Il fatto che tutti gli organismi siano contro lo considero un elemento particolarmente incoraggiante: noi non facciamo favoritismi”. A dirlo è il presidente del Consiglio Matteo Renzi in un’intervista al Corriere della Sera. “I miei avversari non sono in trincea. Sono piuttosto nella palude – rilancia il capo del governo – Nell’establishment ci sono, come dappertutto, forze conservatrici”. Renzi sottolinea che “è evidente che una larga parte della classe dirigente ci osteggia”. In particolare nel mirino finiscono i sindacati: “Dobbiamo fare di tutto – spiega il segretario del Pd – per consentire a chi vuole creare lavoro di farlo. Le resistenza del sindacato sono rispettabili, non comprensibili”. Per il presidente del Consiglio “anche i sindacati, come la politica, devono farsi un esame di coscienza, devono cambiare. Sogno un sindacato che, nel momento in cui cerchiamo di semplificare le regole, dia una mano e non metta i bastoni tra le ruote”. Insomma: “Non sarà un sindacato a fermarci”. Un punto sul quale Renzi sembra voler battere con convinzione visto che in un retroscena di Repubblica il concetto che esprime è lo stesso, peraltro rincarando la dose: “Ho i sindacati contro perché gli tolgo il potere“. La leader della Cgil Susanna Camusso nelle scorse ore aveva espresso forti critiche nei confronti degli emendamenti presentati dal governo al decreto lavoro in Senato che prevedono, tra le altre misure, anche una sanzione pecuniaria per le imprese che sforano il tetto del 20% dei contratti a termine al posto dell’obbligo dell’assunzione a tempo indeterminato. “Noi non abbiamo problemi ad ascoltarli – ribatte Renzi – Ma vogliamo negare che occorra un cambio radicale delle regole del lavoro?”.
Dunque per Renzi “è iniziata la rivoluzione: una rivoluzione pacifica, ma che le resistenze del sistema non fermeranno. Non dico che dobbiamo cambiare tutto, ma che dobbiamo cambiare tutti. Sono qui per cambiare il Palazzo; non accetteremo che il Palazzo cambi noi. Non diventeremo ‘buoni’ al punto da modificare il nostro dna”. “E’ evidente che una larga parte della classe dirigente ci osteggia. E’ altrettanto evidente che noi non arretreremo davanti all’obiettivo di garantire ai cittadini” una Pubblica amministrazione in cui si sentano “padroni di casa”. Renzi insiste: “Se l’Italia avrà un sistema burocratico più efficiente, potrà attrarre più investimenti“; “se riusciamo a cambiare l’Italia qui i soldi arrivano a palate”. “Se il sindacato dei prefetti, l’associazione dei segretari comunali e la lobby dei consiglieri provinciali si oppongono è un problema loro, non nostro”.
Si batte senza risparmio per difendere la scelta dell’aumento in busta paga di 80 euro al mese a chi guadagna fino a 24mila euro all’anno. “La decisione” sugli 80 euro “spetta alla politica, che al Senato è molto compatta” afferma replicando ai dubbi avanzati dai tecnici di Palazzo Madama sulle coperture e, intervistato dal Corriere, sottolinea: “Abbiamo calcolato in modo prudenziale ogni voce. Ora i tecnici del Senato – casualmente – esprimono dubbi. L’avevo messo in conto”. “L’aspetto più divertente – continua il premier riferendosi alle resistenze incontrate – è che io non vivo questa vicenda con la foga di uno che deve dimostrare a tutti i costi che si può fare. Io so che si può fare”. Parole analoghe in uno sfogo del presidente del Consiglio raccolto dal Fatto Quotidiano, “sarei curioso di sapere quanti di quelli che contestano le coperture degli 80 euro hanno stipendi sopra il tetto dei 240mila euro, e ovviamente è un caso che quelle critiche vengano dal Senato che voglio abolire”. Così come nel retroscena di Repubblica si riferiscono i pensieri di Renzi con i suoi fedelissimi sulle perplessità mosse al decreto dai tecnici, anche in tema di incostituzionalità: “Non esiste l’accusa di incostituzionalità. E anche sulle coperture sostengono cose incredibili. Ma, guarda caso, queste critiche arrivano dai tecnici del Senato. Hanno capito che è cambiato il vento, che anche loro rischiano tagli alle retribuzioni”.
Al Corriere, in più, Renzi conferma la sua previsione secondo la quale si tornerà al voto nel febbraio 2018, cioè a scadenza della legislatura. E riflette sul voto del 25 maggio: “La legittimazione popolare non l’avrò mai, neanche se il Pd stravincesse alle Europee; a questo giro è andata così, mi basta la legittimazione costituzionale prevista dalle norme”. Poi replica attacca Beppe Grillo e Piero Pelù. Nel primo caso, dice, “mi ha molto colpito l’atteggiamento di Grillo a Piombino. E’ andato in un’azienda che sta morendo” – sostiene – “a strumentalizzare un dramma con il solo obiettivo di prendere voti e attaccare i sindacati”. Infine, sul cantante che lo ha attaccato dal palco del concertone del Primo Maggio a San Giovanni replica: “Sono vecchie polemiche fiorentine che lasciano il tempo che trovano”; “mi dispiace solo la spocchia sugli 80 euro da parte di un certo mondo artistico, imprenditoriale, salottiero”. Licio Gelli? Mai incontrato: “mio padre mi ha cresciuto nel mito di Tina Anselmi”.