Il sindacato Si Cobas è tornato a manifestare davanti al magazzino della multinazionale. A spingere i lavoratori a mobilitarsi questa volta è stata la decisione della cooperativa San Martino di sospendere 33 operai
“Liste di proscrizione, minacce di licenziamenti e contratto nazionale non rispettato. Siamo pronti alla lotta”. La sintesi è del sindacato Si Cobas, che è tornato a protestare al magazzino Ikea di Piacenza, portando davanti ai cancelli circa 200 lavoratori. Una manifestazione, iniziata alle 5 del mattino, che si era da subito radicalizzata con gli operai che hanno cercato di bloccare la produzione ma l’intervento delle forze dell’ordine, in stato anti sommossa, ha fatto desistere. Non sono mancate le manganellate, che hanno lasciato a terra alcuni lavoratori contusi. “Perché ci hanno picchiato?” si sono chiesti in molti. “Stiamo solo cercando di far valere i nostri diritti e invece siamo stati caricati con violenza”.
Sembra di essere tornati indietro nel tempo all’Ikea di Piacenza, il più grande centro di smistamento per il sud Europa della multinazionale svedese, che aveva già conosciuto in passato le proteste e gli scontri con le forze dell’ordine. Il focolaio è riesploso a causa della decisione, da parte della cooperativa San Martino (che gestisce il personale insieme alla Sigma, ndr) di sospendere 33 lavoratori. Un provvedimento che la coop ha giustificato adducendo ad una occupazione da parte di alcuni facchini di un reparto all’interno dello stabilimento per alcune ore, a seguito del cambio di mansione di un collega al quale era scaduta il patentino da carrellista. I lavoratori, per timore di vedere escluso il compagno, avrebbero bloccato l’attività del reparto. Differente la versione del sindacato di base, non riconosciuto dalla dirigenza ma maggioritario in quanto rappresentanza: “Vogliono escludere i nostri tesserati e ci hanno inviato delle lettere di sospensione non motivate”, hanno detto i sindacalisti Bruno Scagnelli e Roberto Luzzi.
E così è tornato il braccio di ferro tra Ikea e le coop che gestiscono i facchini da una parte e i Cobas dall’altra. “Ci lasciano a casa per pause caffè troppo lunghe”, avevano detto alcuni lavoratori appena erano stati raggiunti dal provvedimento. “La costante azione antisindacale svolta dalle cooperative San Martino e Sigma torna ad esprimersi con liste di proscrizione e minacce di licenziamenti con la copertura del colosso multinazionale del mobile low cost”, hanno risposto i Si Cobas in un comunicato stampa, redatto dopo l’incontro con la cooperativa che ha portato all’ennesimo nulla di fatto: “Non c’è stata trattativa, perché la coop si è presentata senza responsabile sindacale e a chi ci ha parlato ha detto di non avere autorità di dare risposte. Hanno difeso le sospensioni che però è illegittimo senza sentire i lavoratori come prevedono le norme” ha chiarito Roberto Luzzi del Si Cobas.
A prendere posizione contro questa versione è stato il presidente regionale di Confcooperative, Francesco Milza: “A un carrellista era scaduto il patentino utile a guidare il mezzo e, per la sua sicurezza e quella degli altri, era stato destinato ad altra attività. I loro compagni, invece, hanno colto l’occasione per occupare un intero reparto bloccando la produzione per alcune ore. E’ un atteggiamento che non possiamo tollerare” ha spiegato. Il quale ha aggiunto, volendo essere molto chiaro: “In un momento così delicato per il mondo del lavoro non ci sogneremmo mai di sospendere qualcuno per pause caffè o perché non ha il patentino rinnovato. Molto semplicemente per certe attività è necessario un documento rilasciato dopo visita medica. Il dipendente non avrebbe perso giorni di lavoro o lo stipendio ma sarebbe solamente stato cambiato di mansione in attesa di vedersi rinnovato il documento”.
La vicenda è stata richiamata ieri anche in Consiglio comunale, con il consigliere comunale di sinistra Carlo Pallavicini che si è schierato a favore dei facchini. “Ancora una volta – ha detto – Piacenza ha perso un’occasione per sviluppare la logistica che si conferma sempre più terreno di sfruttamento”. Ora il sindacato di base, a seguito di un’assemblea davanti ai cancelli, ha deciso di inviare le proprie richieste in forma scritta alla cooperativa in attesa di una risposta. Se non dovesse arrivare, hanno assicurato, “siamo pronti a protestare ad oltranza e a cacciare queste cooperative da Ikea”.