Massimo Capponi è accusato di peculato, concussione e "induzione indebita a dare o promettere utilità". Agli arresti domiciliari Paolo Lantieri, capo ufficio espropri de La Verderame - concessionaria della tratta autostradale - e Ivan Migliardi, a capo dell’ufficio Manutenzione. I tre indagati avrebbero chiesto a ditte appaltatrici e fornitori lavori di ristrutturazione e arredi per le proprie abitazioni
Massimo Capponi, dirigente di vertice dell’autostrada Torino-Savona che da fine 2012 fa capo agli eredi di Marcellino Gavio che l’avevano rilevata dai Benetton, è stato arrestato martedì dalla Guardia di Finanza di Cuneo con l’accusa di concussione e “induzione indebita a dare o promettere utilità”. Per le stesse ipotesi di reato sono stati messi agli arresti domiciliari Paolo Lantieri, capo ufficio espropri de La Verderame, società concessionaria della tratta autostradale, e Ivan Migliardi, a capo dell’ufficio Manutenzione, già raggiunto lo scorso autunno da un’ordinanza di custodia cautelare. Per Capponi e Migliardi è stata anche formulata l’accusa di peculato per l’impiego improprio e privato di dipendenti e mezzi dell’autostrada. Le indagini che avevano portato all’arresto di Migliardi – accusato di essersi fatto costruire gratuitamente una villa a Vado Ligure da ditte appaltatrici dell’autostrada, per un valore accertato di 200mila euro – sono proseguite con l’analisi di fatture e documenti e l’ascolto di circa 50 tra artigiani, imprenditori, fornitori e dipendenti che avevano avuto a che fare con la società Verderame tra il 2008 e il 2013.
Ne è emerso un sistema di favori e compensi “in natura” a vantaggio dei tre indagati: lavori in casa e arredi gratis in cambio di appalti per un valore di circa 1,5 milioni di euro. In particolare Capponi avrebbe beneficiato di ristrutturazioni, complementi d’arredo (compreso un camino), cucine ed elettrodomestici per un totale di circa 362mila euro. Secondo le indagini, coordinate dalla procura di Cuneo, l’abuso del proprio ruolo da parte degli arrestati, unito al timore dei fornitori dell’autostrada che temevano di compromettere i propri rapporti con società, avrebbe permesso al direttore e ai due funzionari di ottenere le prestazioni richieste in sei tra appartamenti e ville distribuite nelle province di Savona, Cuneo e Torino, senza versare un euro. Gli investigatori del Nucleo mobile della compagnia di Cuneo si sono imbattuti in “ordini” di vario genere: ristrutturazioni complete, impianti elettrici e d’allarme, ceramiche e sanitari di pregio, ma anche installazione di scale artigianali “autoportanti”, fino ai robot per la cura del giardino. I lavori sono risultati sempre spesati con fatture “di comodo” e descrizioni non corrispondenti al vero.
Secondo quanto accertato, una parte dell’Ufficio progettazione della società – all’epoca parte del gruppo Atlantia della famiglia Benetton – anziché dedicarsi esclusivamente all’autostrada svolgeva durante l’orario di lavoro prestazioni gratuite a beneficio di due degli arrestati, curandone non solo progettazioni e pratiche edilizie e catastali, ma anche l’arredo degli interni, seguendone le ristrutturazioni e curando i rapporti con i fornitori per la redazione dei preventivi. Nel corso delle indagini sono stati registrati anche tentativi di inquinamento delle prove. I finanzieri hanno provveduto al sequestro preventivo “per equivalente” di otto immobili, due terreni ed un Suv.
Le indagini sono scattate partendo dal dissesto di una cooperativa di Fossano, dai conti della quale sono emerse spese relative a una costruzione residenziale in provincia di Savona, che non avevano attinenza con le attività normalmente praticate di scavi ed edilizia stradale. Interrogati dagli inquirenti, gli ex-titolari della cooperativa avrebbero ammesso che per non indisporre il funzionario responsabile dei vari “centri di manutenzione” dell’autostrada ne avevano assecondato le richieste al fine di garantirsi la continuità delle commesse autostradali, dove già curavano servizi di pulizia neve ed altre opere di edilizia e manutenzione stradale. Quanto alle fatture insolute, gli imprenditori avrebbero riconosciuto di avere sostanzialmente eseguito “in perdita” i lavori di edificazione di una villa nel Savonese.