Entro il 10 maggio il Miur riconoscerà il nuovo status a circa 20mila docenti che hanno conseguito il titolo entro il 2001/2002. Tuttavia potranno essere inseriti sono nelle graduatorie d'istituto e non in quelle a esaurimento. L'associazione di categoria Adida: "Bisogna garantire loro una cattedra per il futuro"
Finalmente abilitati all’insegnamento: l’odissea di chi possiede il diploma magistrale sta per concludersi positivamente. Come comunicato dai dirigenti ministeriali in una delle ultime riunioni con i sindacati, in settimana il Miur riconoscerà il nuovo status di quei docenti che hanno conseguito il titolo entro il 2001/2002. Fino ad oggi, invece, al diploma magistrale non era stato riconosciuto valore pienamente abilitante, nonostante quanto indicato dalla legge: i diplomati magistrale trovavano posto solo nella terza fascia delle graduatorie (riservata a chi ha un titolo di studio valido per l’accesso all’insegnamento) e non in seconda (riservata agli abilitati). Perché ciò avvenisse c’è voluta una lunga battaglia. E soprattutto un parere del Consiglio di Stato, quello dell’11 novembre 2013, secondo cui il diploma di scuola o di istituto magistrale è da considerarsi “abilitante ex lege” per l’insegnamento nella scuola primaria. E il Ministero, alla fine, ha dovuto prenderne atto. Il riconoscimento ufficiale, salvo imprevisti, avverrà entro il 10 maggio, data in cui il Miur deve pubblicare il decreto di aggiornamento delle Graduatorie d’Istituto, le liste che assegnano le supplenze annuali e in cui i nuovi abilitati potranno iscriversi in seconda fascia.
“Si sono presi un po’ di mesi per decidere se riconoscere il titolo solo ai ricorrenti, o dare un’attuazione più estensiva della sentenza. Alla fine sembra aver prevalso la seconda strada, che ci sembra quella più sensata”, afferma Massimo Di Menna, segretario nazionale della Uil Scuola. I beneficiari del provvedimento dovrebbero essere circa 20mila persone. Una cifra di gran lunga inferiore alle stime precedenti, che parlavano addirittura di 55mila docenti, ma che probabilmente avevano conteggiato tutti i diplomati entro il 2002. Non considerando che, negli ultimi 12 anni, circa la metà degli interessati è riuscita ad accedere ad altri percorsi abilitanti, o si è spostata in classi di concorso superiori. Per tutti questi, dunque, non sarà necessario partecipare ai test per il prossimo ciclo di Tirocinio Formativo Attivo, né tanto meno attivare i Pas (Percorsi abilitanti speciali). L’ingresso nella seconda fascia delle Graduatorie d’Istituto permetterà loro di sperare, dal prossimo anno, in un contratto a tempo determinato, in attesa del prossimo bando di concorso (annunciato dal ministro Stefania Giannini per il 2015) a cui potranno partecipare.
Una buona notizia, dunque. Anche se per i diplomati magistrali le Graduatorie d’Istituto rappresentano solo un ripiego. Ben altra cosa, infatti, sarebbe stato l’inserimento nelle Graduatorie ad Esaurimento, le liste che assegnano (in parallelo ai concorsi) cattedre a tempo indeterminato. Sono chiuse per legge dal 2006 (come ribadito anche dall’ultimo decreto ministeriale di aggiornamento), e questo fa sì che i nuovi abilitati non possano rientrarci. Peccato, però, che il titolo dei diplomati magistrale sia precedente al 2002: se l’abilitazione fosse stata riconosciuta fin dal primo momento, avrebbero potuto iscriversi nelle GaE. E aspirare ad essere assunti.
“I diplomati magistrali sono stati per anni un paradosso vivente. E continueranno a rimanere in un limbo, anche se l’abilitazione è un primo, importante riconoscimento”, commenta Valeria Bruccola, coordinatrice nazionale di Adida. Per questo l’associazione di categoria, da sempre in prima linea nella battaglia dei diplomati, non ha intenzione di accontentarsi, nonostante il Consiglio di Stato abbia dato parere negativo sulla richiesta di inserimento in GaE (giudicata “tardiva”): “Forse si sono dimenticati che le GaE sono state riaperte anche di recente. La questione dal punto di vista normativo è complessa, ma per noi la partita è tutta da giocare”, afferma Brucola. “Presenteremo ulteriori ricorsi”, conclude. “Parliamo di docenti a cui è stato negato il diritto all’insegnamento. E visto che nessuno potrà restituire i 10-15 anni di carriera persi, bisognerebbe almeno garantire loro una cattedra per il futuro”.
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