Questa è la storia di Genny, un ragazzotto napoletano che fa il gradasso per ottenere il rispetto del padre e degli amici… no, non sto parlando di un capo ultrà, ma di Gennaro Savastano uno dei personaggi di “Gomorra”, fiction di Sky Atlantic HD.
Ieri sera, infatti, mi sono trovato difronte a una scelta difficile. Me ne stavo seduto sulla mia poltrona con il telecomando in mano, indeciso fra “Ballarò” e “Gomorra la serie”. In altre parole fra realtà e fiction. Bè, alla fine ho scelto la fiction, e ho fatto bene: il primo episodio della serie ispirata al best-seller di Saviano è convincente, ben scritto, ben diretto e ben recitato. Un prodotto “all’americana”, che non solo non è da meno rispetto alle serie statunitensi, ma è persino meglio. Si direbbe uno di quei rari casi in cui l’allievo supera il maestro. Non che sulla carta fosse più appassionante di “Ballarò”, tutt’altro. Inoltre mai avrei potuto immaginare che una produzione televisiva nostrana potesse entusiasmarmi così tanto. La mia scelta è stata la conseguenza di un paradosso tipico dei nostri tempi, che è anche diventato una mia profonda convinzione: la fiction è più credibile della stessa realtà.
La trama è semplice: c’è il capo dei cattivi che non vuole rassegnarsi al suo declino, fra i suoi figli c’è chi potrebbe rimpiazzarlo ma non sembra averne le capacità, e poi ci sono i suoi scagnozzi, alcuni fedeli, alcuni meno. No tranquilli, non sto neanche parlando di Berlusconi, si tratta ancora della fiction “Gomorra”.
La trama della realtà è molto più complicata e per giunta meno verosimile, non solo per ciò che riguarda Berlusconi. Proviamo per esempio ad analizzare il copione della realtà italiana degli ultimi due giorni. Dunque, c’è un capo ultrà che si presume abbia trattato con le forze dell’ordine per consentire la disputa di una partita di calcio, peraltro iniziata nel peggiore dei modi già fuori dallo stadio. C’è un ministro che il giorno seguente gli appioppa la “Daspo”, termine sconosciuto ai più fino a ieri, e che in pratica significa diffida a frequentare gli stadi per i prossimi cinque anni. Motivo del provvedimento: il tifoso in questione indossava una maglietta che non è piaciuta quasi a nessuno.
I protagonisti di questa storia sono quindi un ministro e un capo ultrà, che non hanno molto in comune se non il fatto di avere, in tempi diversi, difeso e sostenuto l’innocenza di qualcuno che in molti ritengono indifendibile, e stavolta sì, sto parlando anche di Berlusconi. Poi c’è l’opinione pubblica, di cui non si può certo non tenere conto – specie in tempi di campagna elettorale – la quale prontamente s’indigna difronte a Genny detto “a carogna”, poiché il giorno successivo a quella maledetta partita ha avuto addirittura l’arroganza di rilasciare interviste. La stessa opinione pubblica che è disposta a tollerare che un certo Silvio, detto “o condannato a quattro anni per fronde fiscale” – ancora lui – non solo rilasci molte interviste, ma sia persino chiamato a riscrivere le regole di un’altra partita, quelle delle prossime elezioni politiche. E non me ne vogliano i tifosi fiorentini e partenopei, se affermo che siano importanti almeno quanto la finale di Coppa Italia.
Dai, siamo seri. Chi mai la scriverebbe una sceneggiatura del genere. E questa dovrebbe essere la realtà? Al massimo potrebbe essere la trama di un film fantasy, ma allora mi ci metti anche le streghe cattive e i folletti. E’ vero, ci sono pur sempre la Santanché e Brunetta, ma non sono certo questi due personaggi minori che mi faranno cambiare idea: oggigiorno la trama della realtà non regge, meglio la fiction.