Sul voto regionale pesano inchieste e scandali: dalla vicenda degli acquedotti inquinati dalla discarica Montedison ai processi e le amicizie del candidato Pd D'Alfonso fino alle notti in albergo del presidente Chiodi (Fi) a spese dei contribuenti
“Con D’Ambrosio non mi candido: tra la mia coscienza e la possibilità di diventare consigliere regionale, scelgo la prima”. E’ Adelchi Sulpizio, candidato alla Regione Abruzzo per il Centro democratico, il primo a fare un passo indietro di fronte alla candidatura di Giorgio D’Ambrosio nella sua stessa lista. Sulpizio rinuncia alla corsa elettorale del 25 maggio, e il suo gesto diventa l’emblema di quella “questione di opportunità” tanto sottovalutata dai candidati dei maggiori schieramenti.
Il Pd e lo scandalo dell’acqua avvelenata
La candidatura di D’Ambrosio, uomo simbolo di quello che è stato chiamato il “partito dell’acqua”, alla fine è arrivata sul filo di lana. Nonostante sia imputato nel processo per la megadiscarica Montedison a Bussi (amministrazioni e società continuarono a erogare acqua avvelenata nei rubinetti di 700mila persone), D’Ambrosio non ha mai smesso di puntare ad una poltrona in Regione, e ora corre nella lista pescarese di Centro democratico, che fa parte della coalizione di centrosinistra guidata dal candidato presidente Luciano D’Alfonso (Pd). Poco importa se D’Ambrosio è accusato di “distribuzione per il consumo di acque avvelenate”, e se nel 1995, quando era sindaco di Pianella (Pescara) venne arrestato e patteggiò due mesi di pena con la condizionale e una sanzione pecuniaria per truffa. Si trattava di 770mila euro (la sentenza era uscita nel 2005) da pagare in solido con una dipendente del Comune, per fatti che riguardavano l’utilizzo di circa un miliardo e mezzo di vecchie lire di fondi pubblici erogati ad una cooperativa che avrebbe dovuto usarli per servizi di finalità pubblica.
Sulla candidatura di D’Ambrosio nella coalizione di centrosinistra, il Pd aveva fatto un passo indietro dopo le rivelazioni dell’Istituto superiore di sanità sui danni alla salute degli abruzzesi provocati dall’acqua inquinata. Ma D’Ambrosio non ha mollato, trovando spazio nel Centro Democratico, guidato a livello nazionale da Bruno Tabacci. Nessun veto invece da parte del Pd nei confronti di Donato Di Matteo, presidente dell’Aca (Azienda consortile acquedottistica) ai tempi dell’acqua contaminata, prosciolto perché non a conoscenza dei fatti, dopo aver dichiarato che “non leggeva la posta a lui indirizzata”. Di Matteo ora è candidato nelle fila del Pd alle prossime elezioni regionali.
Le amicizie di D’Alfonso
E così, mentre Sulpizio rinuncia alla candidatura ribellandosi “alle logiche dei partiti e della politica”, mentre altri cinque componenti della lista Cd scrivono al segretario nazionale Tabacci, dicendosi pronti “a revocare in blocco la loro candidatura”, e mentre il Pd si fa portavoce dei malumori di Sel e Idv e chiede la testa di D’Ambrosio, D’Alfonso prosegue la campagna elettorale in contemporanea al processo Mare-monti, in cui il papabile governatore democratico deve rispondere di truffa e falso nell’ambito della progettazione e della realizzazione della strada fantasma, la Statale 81. E’ solo l’ultima grana in ordine temporale per D’Alfonso, e anche l’ultimo dei processi a suo carico rimasto in piedi. In questo procedimento, come in quello denominato Housework ora in appello, si indaga il rapporto tra D’Alfonso (allora presidente della provincia di Pescara) e la potente famiglia Toto, titolare della Toto spa, a cui andò l’appalto per la realizzazione della strada Statale 81 che finiva nella riserva naturale del lago di Penne. Secondo l’accusa, l’appalto venne stravolto al fine di renderlo vantaggioso per l’impresa Toto (la stessa famiglia controlla anche la AirOne e la Società dei Parchi per la gestione delle autostrade A24 e A25).
Nel processo Housework, la generosità del patron Carlo Toto nei confronti di D’Alfonso (che usufruiva gratuitamente di biglietti aerei, jet privato, e perfino di una macchina con autista sotto casa) è stata giudicata disinteressata dai giudici di primo grado che hanno assolto D’Alfonso e i 23 imputati (tra cui Carlo e Alfonso Toto). Assoluzione ritenuta troppo generosa dalla Procura pescarese che ha fatto ricorso in appello. Sotto la lente d’ingrandimento il rapporto del candidato alla Regione con i Toto, rapporto che torna alla ribalta nel processo Mare-monti.
Il centrodestra: Chiodi e le spese di missione (in camera da letto)
Sul versante del centrodestra le cose non vanno meglio. E’ una campagna elettorale sotto tono quella del governatore uscente Gianni Chiodi (Forza Italia). La sua candidatura è stata in bilico fino all’ultimo dopo le rivelazioni dell’inchiesta sulle spese del presidente (ma anche di giunta e consiglieri) pagate con i soldi pubblici. Su tutte, per la questione morale che pone, la storia della camera 114 dell’hotel Sole di Roma. E’ qui che il presidente dell’Abruzzo e una donna hanno passato la notte del 15 marzo 2012 a spese dei contribuenti, stando alle accuse della procura e ai controlli dei carabinieri. Si tratta della stessa donna che qualche mese dopo è diventata consigliera di Parità, pronta a gestire 1,5 milioni di euro per un progetto destinato alla realizzazione di un “centro poliedrico per donne”. Lo stanziamento post-sisma del governo Berlusconi fu poi bocciato dalla Corte dei conti. Fatti che si intrecciano con altri accadimenti che gli interessati definiscono del tutto casuali, come l’assunzione in Regione della sorella della ospite (a nostre spese) della stanza 114.
Oltre a Chiodi, l’inchiesta sui “rimborsi facili” vede coinvolte 23 persone tra assessori e consiglieri. I reati contestati sono truffa aggravata nei confronti della Regione Abruzzo, peculato e e falso ideologico riguardo alle spese per una serie di missioni istituzionali. Pranzi luculliani per se stessi e non solo, biglietti aerei in business class pagati ai parenti, hotel 5 stelle per chi ama concedersi solo il meglio, più camere pagate mentre si era soli in missione istituzionale. Nel sexgate abruzzese c’è spazio anche per Nazario Pagano, presidente del consiglio regionale uscente, anche lui in corsa per la rielezione. Avrebbe passato otto notti in hotel di lusso in compagnia, dichiarando però di essere da solo: agli atti sono finite la moglie ma anche quattro amanti. Una di queste la si ritrova anche a libro paga del consiglio regionale, in una determina dei primi mesi del 2013. Una fornitura diretta per un importo di 1500 euro “per servizi consegnati alla struttura speciale di supporto stampa”. Questioni di opportunità.