Ha 41 anni, è stata presidente del consiglio regionale della Sardegna dal 2009 al 2014 e oggi percepisce 5.100 euro di vitalizio. Claudia Lombardo, 41 anni compiuti il 1 dicembre 2013, è stata la prima donna a ricoprire quell’incarico. Ex Forza Italia, eletta nel ’94 – “senza avere mai lavorato un giorno in vita sua” scrive oggi Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera – dalla fine della XIV legislatura, ovvero dal 20 marzo 2014, gode di una ‘pensione’ di 5.129 euro al mese. Con lei un altro ex di Fi poi Udc, se non proprio baby, certo giovanissimo: Andrea Biancareddu, 47enne avvocato da Tempio Pausania. Ancora: Giorgio La Spisa, ex Forza Italia, assessore Pdl al Bilancio con Cappellacci, poi candidato alla camera con Scelta civica, percepisce un assegno mensile di 3.068 euro netti al mese che cumula con lo stipendio da dirigente del servizio ‘Prerogative dei consiglieri’. In sostanza è lui che si occupa, tra gli altri, del sue stesso status di ex consigliere regionale. 

La ‘bomba’ scoppia un mese fa, appena si insedia la XV legislatura. Alcuni giornalisti scoprono che il 19 marzo, ultimo giorni di mandato della XIV legislatura, il Collegio dei Questori compie un’intensa e insolita attività di delibera. Tra le tante questioni da affrontare c’è il Regolamento su “le pensioni dei consiglieri”, anzi la sua interpretazione, e da quella data parte la caccia al documento. Che viene chiesto in via informale, poi in via ufficiale, e arriva infine ‘brevi manu’: l’importo esatto della Lombardo e del suo collega con meno di 50 anni, con alle spalle 4 legislature, è di 5.129 euro al mese (7,225 lordi), oltre alla indennità di ‘reinserimento’ (la liquidazione, per dirla come direbbe un lavoratore), per ora ancora sconosciuta.

L’attuale presidente del Consiglio regionale, Gianfranco Ganau (Pd), a richiesta degli atti, nega i documenti, invocando la privacy e viene immediatamente smentito dal Garante, Antonello Soro, anche lui ex consigliere regionale della Sardegna: quegli atti sono pubblici. Ma in attesa del parere ufficiale i piano alti del ‘palazzo’ si chiudono a riccio – secondo Ganau, questo non può che avvenire nel pieno rispetto delle leggi e senza violare i diritti delle persone – mentre diversi consiglieri, di maggioranza e opposizione, chiedono trasparenza. Il quotidiano L’Unione Sarda raccoglie l’indignazione e lancia l’hashtag #dateciinomi.

Tutto sta nel verificare l’interpretazione che viene data ad un Regolamento interno gelosamente custodito in un cassetto del sesto piano del palazzo di via Roma, che consente ai consiglieri ‘cessati’ dal mandato di prendere da subito il ‘vitalizio’, la pensione, senza aspettare i 50anni. Tanto che la prima rata, quella di marzo, la Lombardo e Biancareddu l’hanno percepita per soli 11 giorni. La seconda, intera, è stata ‘lavorato’ dagli uffici il 14 aprile 2014 ed è andata in pagamento a fine mese, pochi giorni prima di quelli dei dipendenti del Consiglio. Il Regolamento interno del Consiglio è stato approvato nel 1988 e modificato più volte e prevedeva che i consiglieri ‘cessati’ dal mandato elettivo potessero percepire il vitalizio al compimento del 50 anni di età, fino a quella del 17 novembre 2011, quando a partire “dalla prossima legislatura (l’attuale) e fatti salvi i diritti acquisiti”, l’Ufficio di presidenza (presidente la Lombardo) delibera la cancellazione dei vitalizi. Ovvero chi ha maturato i diritti avrà tutto il dovuto, mentre per i prossimi consiglieri regionali non ci sarà nulla.

Intervistata da Sardiniapost, Lombardo rivendica di avere tagliato più che poteva le spese (“Il costo del Consiglio è passato da 85 a 58,5 milioni di euro”, spiega), ma capisce che quella somma di 5mila euro “possa generare indignazione nell’opinione pubblica”. Al giornalista che solleva l’obiezione del vitalizio fissato a 66 anni dal governo Monti lei replica: “Sì, ma dicevano anche che da questa prescrizione erano esentate le regioni che avevano già legiferato”. Quindi rivendica quanto in materia i consiglieri della regione Sardegna fossero stati dei “precursori”. “Avevamo già messo tutto nero su bianco un anno prima, nel novembre 2011, quando appunto abolimmo il vitalizio“. Peccato che la misura non riguardasse il presente. 

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