I magistrati palermitani Nino Di Matteo, Roberto Tartaglia e Francesco Del Bene, non devono essere estromessi dai nuovi, delicatissimi, filoni investigativi emersi dalle indagini sulla trattativa Stato-mafia. Lo chiede il deputato Pd Davide Mattiello con una lettera aperta indirizzata al vice presidente del Csm Michele Vietti e che ilfattoquotidiano.it pubblica in anteprima. “Sono certo che tutti coloro che hanno responsabilità istituzionali desiderino una cosa soltanto: che questo processo, come ogni altro processo, possa essere celebrato nel contesto più sereno possibile”, scrive il deputato rompendo l’assordante silenzio della politica sull’argomento. E in completo isolamento dal resto del suo partito: nessuno dei suoi colleghi ha voluto sottoscrivere la lettera. Anzi, non è mancato chi gli ha consigliato di lasciar perdere.
Una circolare del Csm diramata a marzo, infatti, mette in scadenza i pm che si occupano di indagini di mafia. Un “diktat” che “calza a pennello sulla Dda di Palermo, dove i principali pm titolari delle nuove indagini sulla trattativa Stato-mafia (rivolte al ruolo dei servizi segreti e della Falange Armata) hanno potuto finora occuparsene perché “applicati” dal procuratore Messineo”, come spiega oggi Marco Travaglio su il Fatto Quotidiano. Rischia così di disperdersi un patrimonio di conoscenze, accumulato in anni di faticoso lavoro investigativo.
Le indagini da cui saranno estromessi i magistrati riguardano la cosiddetta “Trattativa bis”, che approfondisce il ruolo di alcuni uomini dei servizi segreti, e l’oscura realtà della Falange Armata, tornata alla ribalta recentemente, nei colloqui registrati in carcere dalla Dia di Palermo tra Totò Riina e Alberto Lorusso. “Queste ulteriori delicate indagini sono direttamente connesse alla grave e oscura vicenda delle minacce di Totò Riina contro i magistrati palermitani e segnatamente contro il dott. Di Matteo” scrive il deputato Mattiello, relatore della riforma sul voto di scambio e che con la Commissione antimafia ha già incontrato più volte il pool palermitano “raccogliendone le preoccupazioni e constatandone il chiarisismo impegno nella ricerca della verità”.
La lettera solleva pesanti interrogativi: “Chi ha reso pubbliche le affermazioni dell’ergastolano? Cosa è successo il 4 marzo, quando Riina è stato ricoverato d’urgenza in una struttura ospedaliera esterna al carcere di Opera? Chi c’è dietro i messaggi della ‘Falange Armata’?”. Tutte domande che gli attuali responsabili delle indagini dovranno lasciare in eredità ai loro successori. Motivo, secondo Mattiello, per correre ai ripari e aprire ad un’interpretazione meno restrittiva della circolare. O quanto meno per porre la questione pubblicamente, perché se ne discuta liberamente. “Nutro profondo rispetto per la nostra Costituzione e quindi per la separazione tra i Poteri che in essa si fonda” scrive il deputato, “tuttavia siamo tutti corresponsabili del miglior funzionamento della Repubblica e quindi il rispetto delle distinte prerogative dei Poteri dello Stato, non può trasformarsi in indifferenza”.
IL TESTO INTEGRALE DELLA LETTERA DI MATTIELLO A VIETTI
Stimato On. Michele Vietti,
Le scrivo in relazione alla situazione venutasi a creare nella Procura di Palermo a seguito della circolare che il CSM ha diramato a Marzo e che riguarda l’impossibilità di affidare nuove indagini in processi di mafia a magistrati che non facciano parte a tutti gli effetti della DDA competente per territorio.
Questa circolare estrometterebbe dalle nuove delicatissime indagini apertesi nell’ambito del processo sui presunti comportamenti penalmente rilevanti, riferiti alla così detta “trattativa Stato-mafia” negli anni attorno alle stragi del 1992 e 1993, i Pubblici Ministeri Di Matteo e Tartaglia, tecnicamente “applicati” ma non componenti della DDA di Palermo e prossimamente Del Bene, cui presto scadrà il mandato come componente della medesima DDA.
Queste ulteriori delicate indagini sono direttamente connesse alla grave e oscura vicenda delle minacce di Totò Riina contro i magistrati palermitani e segnatamente contro il dott. Di Matteo. Vicenda che ha molti aspetti inquietanti: a chi ha inteso rivolgersi il boss in carcere? Chi ha reso pubbliche le affermazioni dell’ergastolano? Cosa è successo il 4 Marzo, quando Riina è stato ricoverato d’urgenza in una struttura ospedaliera esterna al carcere di Opera? Chi c’è dietro i messaggi della “Falange Armata”?
Nutro un profondo rispetto per la nostra Costituzione e quindi per la separazione tra i Poteri che in essa si fonda, non mi permetto giudizi nel merito della circolare del CSM e più generalmente delle regole che prevedono la turnazione negli incarichi dei magistrati. Tuttavia siamo tutti corresponsabili del miglior funzionamento della Repubblica e quindi il rispetto delle distinte prerogative dei Poteri dello Stato, non può trasformarsi in indifferenza, soprattutto di chi, come il sottoscritto, si trova ad essere, in quanto deputato, membro della Commissione Parlamentare anti mafia. Commissione che ha incontrato in più occasioni i magistrati palermitani, raccogliendone le preoccupazioni e constatandone il chiarissimo impegno nella ricerca della verità.
Non posso allora tacere la preoccupazione che avverto in questa situazione.
Sono certo che tutti coloro che hanno responsabilità istituzionali desiderino una cosa soltanto: che questo processo, come ogni altro processo, possa essere celebrato nel contesto più sereno possibile.
Compito di ognuno di noi è quello di disinnescare qualunque motivo di turbamento dentro e fuori quelle aule. L’accertamento della verità aborre la tifoserie, si alimenta di prudenza e di determinazione, di competenza e di continuità.
Proprio al valore della “continuità” credo si ispiri il passagio della Circolare in oggetto, laddove prevede che in casi eccezionali, si possa fare diversamente da quanto più sopra sommariamente richiamato.
Consegno a Lei questa preoccupazione, confidando nella sua sensibilità umana e istituzionale.
On. Davide Mattiello
Roma, 7 Maggio 2014